Veglia di Pasqua 2021

“Veglia della Notte Santa, la madre di tutte le veglie”.

Così S. Agostino definisce questa celebrazione, la più importante dell’anno liturgico.
È cominciata nella semplicità del campetto della nostra parrocchia la nostra Veglia di Pasqua. Non eravamo al buio ad attendere la tua luce Signore, nessuna candela tra le mani, mancava anche la tua statua da scoprire Signore!
Distanziati come le fredde pedine di una dama proprio come vogliono le normative anti contagio eravamo lì ed eravamo in tanti a vegliare e nel silenzio dei nostri cuori meditavamo agli ultimi giorni trascorsi, quelli del Triduo, durante i quali abbiamo ricordato insieme alle tue paure e alle tue sofferenze anche le nostre. Si perché in questi mesi bui di pandemia tante volte abbiamo perso la speranza e la gioia! Ma tu Signore questa sera ci hai inondati con il Tuo Santo Spirito di luce e di una speranza sempre nuova! Perché “La fede non è un repertorio del passato, Gesù non è un personaggio superato. Egli è vivo, qui e ora. Cammina con te ogni giorno, nella situazione che stai vivendo, nella prova che stai attraversando, nei sogni che ti porti dentro. Apre vie nuove dove ti sembra che non ci siano”.(Papa Francesco nell’omelia della Veglia Pasquale nella Notte Santa di Pasqua 2021).
Sì perché in questa notte di Pasqua siamo stati raggiunti da un annuncio sempre nuovo che ci ha riempito il cuore di gioia e di meraviglia: Cristo ha sconfitto la morte ed è risorto, e anche noi con Lui, siamo passati a vita nuova.
Sì è proprio cosi! Questa sera abbiamo visto l’amore vincere!
ALLELUIA!

Una catechista.

 Omelia Veglia Pasquale 2021

Coraggio sono io non abbiate paura  

        Fratelli carissimi, è Pasqua!

Dio torna a passeggiare con gli uomini, per le strade della vita per rivestirli della veste della sua misericordia e della sua tenerezza, per farsi carico del suo sudore, per mettere ali ai suoi piedi e radici nei loro cuori.            

Risorgano le famiglie, e sia mattino di pasqua sui volti di che è stato segnato dalla sofferenza. 

Sia Pasqua per i tanti fidanzati che, in più occasioni in questo anno, hanno dovuto rimandare la data del giorno di nozze.

Risorga dal torpore la nostra città e il nostro quartiere perché possano costruire spazi di condivisione e di solidarietà, di giustizia e di carità.

Risorgano i giovani e il loro cuore torni a sognare, trovino in Cristo risorto il loro vero amico e l’unico loro Maestro.            

Tornino a gioire i bambini costretti all’isolamento forzato e privati dell’incontro con i loro coetanei nel contesto dell’esperienza di apprendimento scolastico e dalla vita sociale, per sfuggire dal nemico che vuole “mordere” o soltanto “ferire”.

Che la luce di questo cero pasquale, segno di Cristo risorto, accenda nei nostri cuori la speranza, e come le donne al sepolcro, ci faccia correre per le strade del mondo a illuminare le notti di quanti vivono ancora nelle tenebre del male, a portare il lieto annunzio a quanti sono schiacciati dal peso della tristezza, a fasciare le piaghe di tanti cuori spezzati.    

Il Risorto ci dice ancora oggi: Coraggio sono io non abbiate paura  (Mt. 14,22-33)     

Sia per tutti pasqua di risurrezione e di speranza.   AUGURI – AUGURI – AUGURI!!!     

don Pasquale    

Venerdì Santo 2021

Nella semplicità e nel silenzio è iniziata la liturgia della Passione di Cristo del Venerdì Santo. Nella consapevolezza dell’uomo che riconosce il suo peccato e la sua miseria il celebrante, come rappresentante del popolo di Dio e dell’intero genere umano, si è prostrato per terra per alcuni minuti per poi guidare la celebrazione nei tre momenti fondamentali: la Liturgia della Parola – l’Adorazione della Croce – la Comunione Eucaristica.
Le norme liturgiche per le celebrazioni del triduo 2021 in tempo di Pandemia hanno aggiunto una preghiera straordinaria alle dieci stabilite dal Messale:

Nella presente situazione drammatica della pandemia del coronavirus che attanaglia il mondo intero, preghiamo per i defunti, per quanti sono smarriti per la morte dei loro cari, per le persone ammalate e i loro familiari, per le conseguenze incerte sul lavoro di tante nostre sorelle e fratelli.
 
Vieni ora in nostro aiuto Dio onnipotente, affinché possiamo sperimentare il tuo amore che guarisce. Accogli nella tua misericordia coloro sono morti a causa del virus. Conforta le famiglie dei malati e delle vittime. Sii vicino ai medici, agli infermieri e a tutti gli operatori sanitari. Sostieni gli sfiduciati. 
O Padre che tutto rinnovi nel tuo Spirito, benedici il mondo, dona salute al corpo e conforto al cuore. 
Per Cristo nostro Signore. 
 
R. Amen.

“Tutto è compiuto” Gv. 19, 30, in greco: “Tetélestai”

Chinarsi verso l’altro, è stata questa la grande “lezione” che il divino Maestro ci ha consegnato ieri, per permettere all’altro di sollevarsi, o talvolta anche guarire, in una prospettiva di amicizia e di amore. 

Tutto questo ce lo ricorda ancora oggi il Maestro.

L’evangelista Giovanni ci riporta il grido di Gesù sulla Croce disse: “Ho sete”  (Gv. 19,28): il Crocifisso ha sete per la salvezza dei suoi crocifissori, per la diffusione del vangelo, per l’unità dell’umanità. 

“I thirst” (ho sete), c’è scritto sul crocifisso della Casa Madre delle Suore della Carità di Madre Teresa di Calcutta e in ogni cappella – in ogni parte del mondo – di ogni casa della famiglia religiosa di Madre Teresa. 

La croce rivela questo amore superumano: ecco perché costituisce la chiave della spiritualità della piccola Suora dalle origini Indiane e dell’ordine femminile da Lei fondato.

Carissimi dobbiamo comprendere che quanto stiamo celebrando in questi giorni non è il puro ricordo di un fatto avvenuto una volta a Gerusalemme e ormai perso in un lontano passato; è una memoria che anche oggi è arricchita della medesima realtà di quegli eventi. Sotto un rito semplice e significante, il Signore Gesù si fa davvero presente con la sua persona adorabile, col suo sacrificio che ha sancito la Nuova Alleanza, con un nutrimento arcano – la sua “carne per la vita del mondo” (cf Gv 6,51) – che ci consente misteriosamente ma realmente di vivere la sua stessa vita. 

La morte in Croce di Cristo, che questa sera rievochiamo, non è dunque un’esperienza remota ed estranea, che impallidisca sempre più con l’implacabile fuggire dei secoli: al contrario, ci propone una partecipazione personale e coinvolgente all’avvento centrale della storia, che è reso presente; non è la cenere di un fuoco irrimediabilmente spento, è la fiamma di un amore che continua a divampare nei cuori.

Il Vangelo di Luca racconta: “tutte le folle che erano accorse a questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornavano percuotendosi il petto” (Lc 23,48), anche noi, tornando alle nostre case, dovremmo dire: “Grazie Gesù hai fatto tutto questo anche per me!”.

Vorrei accostarmi al Mistero della Croce questa sera attraverso i testi e la fede di alcuni Padri della Chiesa:

Ci fa riflettere un testo liturgico della Liturgia Ortodossa:

“Vediamo oggi compiersi un tremendo e straordinario mistero! L’inafferrabile viene arrestato; colui che libera Adamo dalla maledizione viene legato; colui che scruta i cuori e i nervi ingiustamente è sottoposto ad inchiesta. E’ chiuso in prigione colui che chiude l’abisso. Compare davanti a Pilato colui davanti al quale stanno tremanti le potenze celesti. Il creatore è schiaffeggiato dalla mano della creatura. E’ condannato al legno colui che giudica i vivi e i morti. Viene chiuso nel sepolcro lo sterminatore dell’Ade. Gloria a te, Signore, paziente che sopporti tutto con amore per salvare tutti dalla maledizione”

(Dal Vespro del Grande Venerdì).

 La Croce da una parte, secondo S. Giovanni Crisostomo

è ”l’inizio della salvezza dell’uomo”, “causa di innumerevoli beni”, perché “salvò e trasformò il mondo, scacciò l’errore, introdusse la verità, cambiò la terra in cielo, fece gli uomini angeli”. 

Secondo S. Cirillo di Gerusalemme

“ogni opera di Cristo è gloria della Chiesa universale, ma gloria delle glorie è la Croce” rivelando (essa) nel mondo il suo infinito amore per l’uomo, riconcilia di conseguenza l’amore con l’immortalità che possedeva l’uomo prima della sua caduta nel peccato e l’immortalità con la vita, che sono frutti eterni, doni divini, dati dal Dio Trino all’uomo salvato.

Per S. Giovanni Crisostomo la CROCE è FESTA: FESTEGGIAMO LA CROCE DI CRISTO: 

Oggi il Signore Gesù è sulla croce e noi facciamo festa: impariamo così che la croce è festa e solennità dello spirito. Un tempo la croce era nome di condanna, ora è diventata oggetto di venerazione; un tempo era simbolo di morte, oggi è principio di salvezza. La croce è diventata per noi la causa di innumerevoli benefici: eravamo divenuti nemici e ci ha riconciliati con Dio; eravamo separati e lontani da lui, e ci ha riavvicinati con il dono della sua amicizia. Essa è per noi la distruzione dell’odio, la sicurezza della pace, il tesoro che supera ogni bene.
Grazie alla croce non andiamo più errando nel deserto, perché conosciamo il vero cammino; non restiamo più fuori della casa del re, perché ne abbiamo trovato la porta; non temiamo più le frecce infuocate del demonio, perché abbiamo scoperto una sorgente d’acqua. Per mezzo suo non siamo più nella solitudine, perché abbiamo ritrovato lo sposo; non abbiamo più paura del lupo, perché abbiamo ormai il buon pastore. Egli stesso infatti ci dice: lo sono il buon pastore (Gv. 10,11). Grazie alla croce non ci spaventa più l’iniquità dei potenti, perché sediamo a fianco del re. Ecco perché facciamo festa celebrando la memoria della croce

(Eis ton stauron kai eis ton lesten, Omelia 1: P.G. 49, 399-401)

don Pasquale Zecchini

Giovedì Santo 2021

Anche la messa di Giovedì Santo 2021 è stata limitata dalle disposizioni anti-covid, impedendoci di svolgere il rito seppur facoltativo della lavanda dei piedi. Ha visto però una grandissima e accorata partecipazione di fedeli, sempre nel rispetto delle norme di sicurezza.

PANE DIVISO E CONDIVISO NELL’AGAPE E NELLA DIAKONIA
Ancora oggi si fa riconoscere nello “spezzare il pane”
(klásis tou ártou)

L’ evangelista Giovanni non parla della istituzione dell’Eucaristia, cioè di ciò che Gesù ha fatto col pane e con il vino in quella Sua Ultima Cena terrena.

 Si è dimenticato? Perché non ne parla? Non può essersi dimenticato! 

Niente di tutto ciò! Nell’ottica di Giovanni l’Ultima Cena va guardata più in profondità. 

Egli cioè propone una sorta di “radiografia dell’Ultima Cena”, non si ferma al visibile, ma và più in profondità. Giovanni mostra che Gesù lava i piedi gesto che per lui è quasi “cuore della Cena” che, così, diventa più di un pasto conviviale.

Il più grande si fa più piccolo; per amore, si fa servitore.

Il Figlio di Dio si fa schiavo per noi. Prende il catino e lava i piedi: lascia la tavola, depone le vesti e si cinge un grembiule, prende un asciugatoio per asciugare i piedi dei suoi discepoli.

Solo Giovanni riporta questa scena che, se non ripetiamo in ogni celebrazione, è anche vero che non deve sfuggire dalla nostra memoria.

Infatti, può accadere di vedere la mensa, il pane e il vino, i fiori, ma non il Signore che si abbassa davanti a ciascuno di noi. Che cosa ci scuoterà dal sonno e ci renderà capaci di profondità? Giovanni ci invita a contemplare a lungo questa icona dell’amore, finché questa icona dalla vista giunga fino al cuore. 

Alla mensa siamo attorno a Cristo e Lui viene a lavarci i piedi. Come Pietro, vorremmo dirgli di no, perché comprendiamo che dobbiamo a nostra volta, lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio da ripetere, un esempio da comprendere, un atteggiamento da assumere: essere umili per lasciarci amare. Non si tratta di uno spettacolo o di un teatrino, ma di un appello esigente che ci invia in missione, per fare anche noi lo stesso. Vi ho dato un esempio, perché facciate lo stesso (Gv 13,15). 

È l’impegno del servizio, il dono, la grazia del servizio, per essere trasformati in servitori di Dio, della Chiesa, dell’umanità intera. L’Eucaristia ci svela che bisogna alzarsi da quella tavola, dove si sta bene, a volte circondati dal calore del gruppo e deporre le vesti che significa tirarsi su le maniche, e perdere la vita. Prendere l’asciugatoio e cingerlo. Essere chiesa del grembiule (come diceva il vescovo Tonino Bello), chiesa del servizio

Ecco cosa ha individuato Giovanni nella “radiografia della Cena di Gesù”.

Ma questa è una delle due facce dell’Eucaristiala diakonia!

L’altra la raccontano gli altri evangelisti sinottici (Matteo 26, 20-30; Marco 14, 22-25; Luca 22, 14-39; Giovanni 26;13-17; Paolo 1Cor 11,23-26 Mt. 13, 16-17.

L’Eucaristia ha bisogno del prete e della comunione di amore che è la Chiesa. Ciascuno vi contribuisce per la sua parte. 

Prese il pane, e continua: lo spezzò, ecco un altro dettaglio sottolineato dai tre evangelisti – è sicuramente per mangiarlo: bisogna spezzarlo. In effetti la tradizione cristiana ha colto ben altro, non si tratta solo di un gesto utilitario, non si tratta di un semplice gesto pratico, ma perché è il segno della Passione, Cristo stesso si è lasciato spezzare, rompere dalla sofferenza. 

Il “pane della condivisione” evoca – tra le altre – la valenza etico-sociale dell’eucarestia. 

La Chiesa vede nell’Eucaristia il sacramento che, oltre a costituirla, dà forma alla sua esistenza

Non è forse l’Eucaristia il segno dell’unità e il vincolo della carità che insieme lega il corpo ecclesiale? 

La comunione eucaristica diventa così la forma della comunione ecclesiale. Sottolineare ciò significa richiamare il compito che impegna tutto il popolo di Dio ad essere “segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (LG 1). Impegna i sacerdoti a essere ministri di quella carità pastorale che non solo scaturisce dall’Eucaristia ma trova nella celebrazione di questa la sua più alta realizzazione. Sollecita le persone consacrate a ritrovare nell’Eucaristia la sorgente di sempre rinnovato dono a Dio e alla sua Chiesa. Per tutti fedeli laici impegnati nelle varie attività apostoliche l’Eucaristia è l’alimento che sostenta l’impegno missionario e ne assicura l’efficacia profonda. 

E’ l’Eucaristia che fa la Chiesa e la nutre, come un tempo la manna nutrì il popolo dell’Antica Alleanza e gli permise di sopravvivere durante i quarant’anni di cammino nel deserto. Durante i quarant’anni ma non oltre. Solo l’Eucaristia consente di vincere la morte.

L’Eucarestia spinge ogni credente in Lui a farsi áá pane spezzatoññ  per gli altri, e dunque ad impegnarsi per un mondo più giusto e fraterno. (…) Davvero la vocazione di ciascuno di noi è quella di essere, insieme a Gesù, áápane spezzatoññ   per la vita del mondo”(Benedetto XVI).

Gesù si dona nell’Eucarestia tanto disarmato da farsi “mangiare e bere” tutte le volte che lo desideriamo. Dopo averlo ricevuto nell’Eucarestia, possiamo ancora dubitare di essere amati da Lui? Che altro potrebbe fare per provarci il Suo amore?

E voi, fategli buona compagnia, non perdete una così bella occasione per manifestargli le vostre necessità dopo la Santa Comunione. E se la vita vi chiama ad altre occupazioni cercate di rimanergli uniti con l’anima. Se appena ricevuta la S. Comunione uno non vede l’ora di uscire di chiesa e così si ingolfa nelle occupazioni e negli affari del mondo, come volete che il Signore gli si manifesti?” (S. Teresa d’Avila). 

Il messaggio di PAOLO VI “Omnia Nobis Est Christus” (Cristo è tutto per noi!), scritto per la Quaresima 1955, Sì, Gesù Cristo, Nostro Signore, è a noi necessario. Il tema è sempre nuovo; non lo si dica già conosciuto; esso è inesauribile”. “Cristo è il nostro tutto”. Scrive Papa Paolo VI: “Non sempre nei fedeli è presente l’idea che noi siamo di Cristo. E’ per Lui che noi formiamo una sola famiglia, un sol corpo: la Chiesa.

Preghiamo insieme con le Parole di Paolo VI (26 marzo 1972) 

Siamo qui, Signore, per riconoscere e proclamare che Tu sei il Cristo, il Salvatore, Colui che solo dà senso, valore, speranza, gioia alla vita degli uomini, alla nostra vita. Sei Tu, Gesù, che liberi gli uomini dalle catene del peccato e da quelle altre catene interne ed esterne di ogni schiavitù. Sei Tu, Gesù, che ci dai le ragioni per cui vale la pena di vivere, di amare, di lavorare, di soffrire e di sperare. Sei Tu, Gesù, che ci insegni le supreme verità, che ci obblighi a considerarci fratelli. Sei Tu, Gesù, che ci soffi nei cuori il Tuo Spirito di sapienza, di fortezza, di gioia e di pace. Sei Tu, Gesù, che ci fai Chiesa. Noi abbiamo bisogno di Te. Tu sei la nostra segreta Aspirazione a fare della vita una cosa seria, un momento di pienezza, un’ora di sapienza, un dono d’amore, un inno a Dio. Amen

don Pasquale