18 Gennaio 1958 – 2023
“Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede” (Col 2,7)
DALLA MANGIATOIA DI BETLEMME AI CENACOLI ECCLESIALI:
Comunione – Partecipazione – Missione
Con l’espressione “radicato”, l’Apostolo Paolo evoca le immagini dell’albero e delle radici che lo alimentano; poi aggiunge: “fondato” che fa invece riferimento alla costruzione di una casa; “saldo” rimanda alla crescita della forza fisica o morale.
La prima immagine, dunque, è quella dell’albero, fermamente piantato al suolo tramite le radici, che lo rendono stabile e lo alimentano. Senza radici, sarebbe trascinato via dal vento, e morirebbe. Come le radici dell’albero lo tengono saldamente piantato nel terreno, così le fondamenta danno alla casa una stabilità duratura Stendere le radici, per il profeta, significa riporre la propria fiducia in Dio. Da Lui attingiamo la nostra vita; senza di Lui non potremmo vivere veramente giacché Egli stesso un giorno disse: “Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla” (Gv 15,1-8). E il grande Agostino direbbe: “Ci hai fatti per Te, o Signore e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Te” (Confessioni I,1,1).
Gesù stesso si presenta come nostra vita (cfr Gv 14,6). Perciò la fede cristiana non è solo credere a delle verità, ma è anzitutto una relazione personale con Gesù Cristo. Quando entriamo in rapporto personale con Lui, Egli rivela la nostra identità e, nella sua amicizia, la vita cresce e si realizza in pienezza.
Con questo brano biblico l’Apostolo Paolo ci invita, questa sera, a chiederci: Quali sono le nostre radici?
Questo brano si completa con un altro dell’Antico Testamento: “Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia. È come un albero piantato lungo un corso d’acqua, verso la corrente stende le radici; non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi, nell’anno della siccità non si dà pena, non smette di produrre frutti” (Ger 17,7-8).
Mediante la fede, noi siamo fondati in Cristo (cfr Col 2,7), come una casa è costruita susolide fondamenta.
Nella storia sacra abbiamo numerosi esempi di santi che hanno edificato la loro vita sulla Parola di Dio. Il primo è Abramo. Il nostro padre nella fede obbedì a Dio che gli chiedeva di lasciare la casa paterna per incamminarsi verso un Paese sconosciuto. “Abramo credette a Dio e gli fu accreditato come giustizia, ed egli fu chiamato amico di Dio” (Gc 2,23).
Essere fondati in Cristo significa rispondere concretamente alla chiamata di Dio, fidandosi di Lui, mettendo in pratica la sua Parola, e coltivando una vita di fede.
Non da soli, o isolatamente, ma con e attraverso la Chiesa. Non siamo credenti isolati, ma, mediante il Battesimo, siamo membri di questa grande famiglia, ed è la fede professata dalla Chiesa che dona sicurezza alla nostra fede personale.
Il Credo che proclamiamo nella Messa domenicale ci protegge proprio dal pericolo di credere in un Dio che non è quello che Gesù ci ha rivelato: “Ogni credente è come un anello nella grande catena dei credenti. Io non posso credere senza essere sorretto dalla fede degli altri, e, con la mia fede, contribuisco a sostenere la fede degli altri” (Catechismo della Chiesa Cattolica 166). Questa sera corre l’obbligo morale di ringraziare il Signore per il dono della Chiesa, la Sposa di Cristo che testimonia la Sua presenza e dispensa i doni di Dio nel nostro quartiere che, fino agli anni 60, era un quartiere periferico residenziale per vacanzieri del ceto piccolo o medio borghese barese.
Nella storia della Chiesa, i santi e i martiri hanno attinto dalla Croce gloriosa di Cristo la forza per essere fedeli a Dio fino al dono di se stessi; nella fede incarnata nella quotidianità, e celebrata, professata e vissuta, in una comunità di fede (Chiesa) e, così, hanno trovato la forza per vincere le proprie debolezze e superare ogni avversità.
Voglia il Signore che anche noi impariamo a credere di più, a vivere e testimoniare la fede ogni giorno, per diventare strumento per far ritrovare soprattutto ai giovani il senso e la gioia della vita, che nasce dall’incontro con Cristo!
Carissimi, da poco abbiamo celebrato il Santo Natale!
Nelle Chiese ci sono ancora i presepi che ci ricordano il grande avvenimento dell’Incarnazione del Figlio di Dio nella nostra natura umana.
La Chiesa potremmo paragonarla al presepe di Betlemme dove al centro regna il Cristo.
Come nel presepe Maria accoglie coloro che si degnano di far visita al suo Figlio divino, e dopo la Sua morte e Risurrezione tenne uniti gli Apostoli per evitare la loro dispersione, ancora oggi continua ad accogliere e vegliare su tutti quanti noi, sulla Chiesa voluta dal suo Figlio, per questo ci esorta ancora e ci dice: “Fate quello che vi dirà” (Gv 2,1-11).
Come Maria, anche la Chiesa deve continuamente lasciarsi plasmare e guidare dal Cristo: “Non sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre mio?” (Luca 2, 41-50).
Come il Bambino nella mangiatoia è segno di speranza per tutti, particolarmente per gli ultimi, così la Chiesa deve splendere non di luce propria ma riflessa, ed essere segno di speranza nel mondo, segno e trasparenza della presenza di Dio nella ferialitàdell’esistenza umana e non “orfana di Padre” o che dà lo “sfratto a Dio” rintanandolo in una sorta di “casa di riposo” per essere, così, liberi di camminare e agire di “testa propria” e poter dire sottovoce come i veneti: faso tuto mi!
Sac. Pasquale Zecchini