Un popolo in cammino
Come i discepoli di Emmaus
Giorno dell’istituzione dell’Eucarestia
“ dell’agonia
“ del tradimento di Giuda
“ del tradimento/rinnegamento di Pietro
“ della Lavanda dei Piedi, dell’umile chinarsi del Cristo sui piedi dei discepoli come lezione valida per tutti i tempi e per tutti i luoghi.
Quest’anno, a livello di calendario, celebriamo la c.d. “Pasqua bassa”, infatti tra qualche giorno daremo il “benvenuto” al mese di aprile.
Un antico detto recita: Aprile dolce dormire…
In realtà questo detto si coniuga a un altro molto famoso, che sin da bambini abbiamo sentito dai nostri genitori: “Chi dorme non piglia pesci”.
Innanzitutto, questo antico detto italiano sta a significare che non si ottiene nulla senza fatica e che, senza darsi da fare, non si realizza nulla di buono. Il detto, non a caso, prende esempio dall’attività del pescatore la cui particolarità è quella di non lasciarsi sfuggire il pesce nel momento in cui abbocca. In questo modo, chi si trova davanti alla canna da pesca deve rimanere sempre concentrato per non rischiare di perdere l’attimo in cui il pesce afferra l’esca. Chi dorme non piglia pesci, quindi, si riferisce a chi riposa troppo anziché impegnarsi nel proprio lavoro e rimanere all’erta e invita a dedicarsi con dedizione ai propri obiettivi per perseguire i propri scopi.
D’altra parte non si nega il dato incontrovertibile che senza un riposo adeguato, il conseguimento dei propri obiettivi sarebbe praticamente impossibile.
Si potrebbe dire che dormire sia una cosa “ovvia”, naturale per ogni uomo, eppure, come tutte le cose più ovvie ma originarie e fondanti la nostra umanità, presuppone molto di più di quel che sembra.
Esiste un sonno buono, profondamente umano. «Non mi piace chi non dorme, dice Dio», canta Charles Péguy, che definisce il sonno «l’amico di Dio» e fa dire al Creatore: «Il sonno è forse la mia più bella creatura». Esiste una sapienza che deriva soltanto dall’abbandonarsi come bambini nelle braccia paterne di Dio. Ma io non sono più un bambino! — protesta il vecchio che ognuno di noi porta dentro di sé. Sicuramente Dio non ci vuole incoscienti o immaturi, ma neppure possiamo sentirci addosso la responsabilità della salvezza della Chiesa e del mondo. L’opera di Dio si realizza con ritmi e tempi che non sono sotto il controllo di ognuno di noi: «Dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa» (Mc 4, 27).
Il sonno, infatti, è fondamentale per ricaricarsi e per recuperare al meglio le forze per affrontare una nuova giornata. Rigenerare le cellule del proprio corpo, in particolare quelle del sistema nervoso, è un’attività che il sonno porta con sé e che rimane fondamentale per il nostro organismo. Chi dorme quindi non piglia pesci? Forse è solo questione di quante ore si dedica al riposo!
La Chiesa non può dormire, è chiamata a riflettere, discernere e prendere poi posizione, non può tacere la verità, perché verrebbe meno alla fedeltà verso Dio Creatore e non aiuterebbe a discernere ciò che è bene da ciò che è male (Giov. P.II Angelus 9.7.2000).
“Sono venuto a portare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!” (Lc 12,49)… “Questo è il fuoco dello Spirito Santo. Se la Chiesa non riceve questo fuoco o non lo lascia entrare in sé, diviene una Chiesa fredda o soltanto tiepida, incapace di dare vita, perché è fatta da cristiani freddi e tiepidi. Ci farà bene, oggi, prendere cinque minuti e domandarci: “Ma come va il mio cuore? È freddo? È tiepido? È capace di ricevere questo fuoco?” Prendiamoci cinque minuti per questo. Ci farà bene a tutti. E chiediamo alla Vergine Maria di pregare con noi e per noi il Padre celeste, affinché effonda su tutti i credenti lo Spirito Santo, fuoco divino che riscalda i cuori e ci aiuta ad essere solidali con le gioie e le sofferenze dei nostri fratelli” (PAPA FRANCESCO, ANGELUS Domenica, 14 agosto 2016).
Su una rivista mi è capitato di leggere la risposta a una critica di inerzia alla Chiesa da parte di un giovane sacerdote:
La Chiesa e la corrente
Caro
Beppe, pur in una serie di osservazioni che in parte condivido, penso che tu
abbia sbagliato biasimando gli ecclesiastici per la mancanza di attenzione e
proposta di vita per le ragazze e i ragazzi che abitano le nostre città e le
nostre case.
E’ sbagliato perché la Chiesa è forse l’unica istituzione che rema controcorrente su molti piani: prima di tutto cercando di stare con i ragazzi. Io sono sacerdote non perché fulminato sulla via di Damasco da qualche intuizione dottrinale, ma perché ho trovato gente (laici, preti, suore) che mi ha fatto compagnia, e il loro modo di farlo era da cristiani.
Quindi ho trovato il Cristianesimo interessante (e intelligente). Quante altre “agenzie” davvero stanno con i nostri ragazzi? E poi come ci stanno? Quanti di voi, anche genitori, hanno davvero provato a mettere in questione, per esempio, la visione di una sessualità consumista, o che cosa vuol dire avere degli amici? Quanti hanno avuto il coraggio di parlare del senso e della profonda, temibile bellezza di volere il bene dell’altro come e più del proprio (forse perché alla fine il mio e il tuo bene coincidono, ma alla fine…)?
La chiesa convocata da Gesù è una Chiesa che inizia ad essere tale camminando con Gesù per le strade polverose della Galilea, della Samaria, della Giudea… del mondo intero.
La Chiesa non è formata da battitori liberi o da élite ma dall’insieme di coloro che hanno creduto e continuano a credere nel Signore morto e risorto, vivono nella sua parola e dei segni sacramentali della salvezza.
Camminare insieme richiede di saper incontrare, ascoltare, saper condividere.
La Chiesa, nei piani di Dio, è popolo in cammino, un popolo che cerca nel Signore la propria guida e che ritrova nel Pane eucaristico la forza per il proprio cammino verso il Regno di Dio.
1. In realtà, tu, o Signore,
sei sempre con noi.
Con divina discrezione,
spesso non riconosciuto,
tu in persona ti accosti a ciascuno di noi
e cammini con noi.
Tu continui, instancabile, a camminare con noi,
ogni giorno e nelle più diverse circostanze,
anche quando siamo smarriti e confusi,
quando la fede vacilla
e la speranza viene meno,
quando la vita conosce la prova e la sofferenza
o viene attraversata dal dramma e dalla disperazione,
quando nelle famiglie
viene turbato e minacciato l’amore
si insinua il tarlo della divisione
e irrompe il fallimento.
Tu cammini anche per le nostre strade
Dove la fede rischia di essere oscurata
dall’indifferenza e dall’affanno,
dalla chiusura e dall’egoismo,
dal rifiuto dei valori
che nel tuo Vangelo trovano la loro linfa vitale.
Anche qui tu sei presente e vivo
come il Viandante misterioso,
che non si impone ma si propone
e che, con paziente amicizia,
si fa partecipe di tutte le vicende del mondo,
per ridare a tutti
luce e conforto, speranza, gioia e pace.
2. Sì, o Signore,
tu cammini con noi.
E nel cuore di ciascuno,
come in quello dei viandanti di Emmaus,
fai risuonare la tua parola
che tutto definisce, tutto spiega, tutto redime:
una parola che aiuta a scoprire
e che promuove ogni germe di bene e di amore,
che denuncia e giudica,
che annuncia giustizia e offre perdono,
che tutti interpella, libera, consola e salva.
Questa stessa parola
tu hai affidato alla tua Chiesa,
perché sia madre e maestra per tutti i suoi figli
e all’umanità assetata di felicità e bisognosa di Dio
indichi la strada sicura
che conduce ogni uomo al porto sospirato dell’incontro con te,
unico e universale Salvatore del mondo:
con te, che nulla togli alla libertà e dignità dell’uomo,
che non impoverisci la nostra esistenza
ma la rendi più vera, più ricca, più bella e più grande,
perché a noi doni te stesso,
che sei nostra via, verità e vita,
nostro bene sommo e incomparabile tesoro.
Fa’, o Signore,
che continuiamo ad affidarci alla tua parola
e a fidarci di te,
per dare senso autentico e pieno
alla nostra vita e a quella del mondo
e così prendere il largo nel mare della storia,
per gettare le reti e conquistare gli uomini al Vangelo.
3. Animati da questa parola
che illumina e riscalda il cuore,
anche noi, come i discepoli di Emmaus,
ti invochiamo con tutta la forza della nostra debole fede:
“Resta con noi, Signore!”.
Fermati e non passare oltre,
entra nelle nostre case di viandanti senza meta.
Resta con noi:
non lasciarci prigionieri delle ombre della sera,
sostienici nella stanchezza,
perdona i nostri peccati,
orienta i nostri passi sulla via del bene,
donaci di gustare la grazia e la gioia della tua amicizia
che non delude e non abbandona mai.
Resta con noi, Signore,
perché senza di te non possiamo vivere:
per tutti tu sei l’assolutamente necessario!
Resta con noi, Signore,
perché tu, il risorto e il vivente,
sei «tra noi la speranza della gloria» (Colossesi 1, 27)
già in questa vita e oltre la morte.
Resta con noi, Signore,
perché tu sei la grande, la vera,
l’unica “ricchezza” della Chiesa e dell’umanità.
4. Resta con noi, o Signore,
e spezza ancora il pane per noi.
Ripeti tra noi
il gesto straordinario dell’ultima cena,
che hai ripreso con i discepoli di Emmaus la sera di Pasqua.
Confermalo con le tue parole di vita eterna
e continua a donarci il tuo Corpo e il tuo Sangue,
vero cibo e vera bevanda
per la vita del mondo.
È qui, nell’Eucaristia,
sorgente e vertice di tutta la vita cristiana,
cuore pulsante della nostra fede,
che noi ti riconosciamo, o Signore,
come presenza, dono e mistero
che edifica la Chiesa,
che ci accoglie come discepoli,
ci rende tuoi commensali,
ci fa, come te, servi per amore.
Noi ti adoriamo, o Dio,
che nel pane e nel vino eucaristici
a noi ti doni.
Ti doni e ti nascondi.
Ma anche se ti sottrai alla nostra vista,
mentre siamo seduti a tavola con te,
i nostri occhi si aprono e riconoscono il tuo volto
e il nostro cuore ti grida: “nostro Signore e nostro Dio”.
Siamo affascinati e conquistati,
come da vera beatitudine,
dall’invito alla tua cena.
Riacquistiamo la speranza perduta
e siamo colmati di una gioia immensa
che non possiamo trattenere per noi.
5. Ed ora, o Signore,
da questo fortunato incontro eucaristico
anche noi, come i discepoli di Emmaus,
partiamo senza indugio,
torniamo alle nostre case e alle nostre occupazioni,
corriamo sulle strade del mondo in cammino verso Gerusalemme,
la città di Dio e dell’uomo,
dove il frutto dell’incontro con te nella parola e nel pane
diventa vita di amore fraterno e universale.
In comunione con tutta la Chiesa,
anche noi ci riconosciamo “mandati”
ad annunciare a tutti la bella e lieta notizia
del tuo amore per gli uomini
e a farci appassionati e instancabili promotori
di comunione, di solidarietà e di pace,
così da costruire una società più equa e fraterna.
Rinvigoriti dalla forza del cibo eucaristico
e animati dal fuoco della missione
che lo Spirito accende in ciascuno di noi,
riprendiamo il nostro cammino
di pellegrini nella storia e per le strade del mondo,
quali missionari di Gesù e del suo Regno,
per rivolgere a tutti l’invito
a partecipare alla mensa del Signore,
promessa e garanzia di una vita vera
e di una festa che non avrà mai fine.
Resta con noi, Signore,
resta con noi,
ora e sempre.
Amen. (+ Dionigi card. Tettamanzi)
Per questo la Chiesa veglia e non dorme nella notte di Pasqua: essa lì sperimenta e testimonia che il sonno di morte non c’è più, perché Gesù, nostra vita, per noi l’ha cambiato per sempre in un sonno dal quale ci si risveglia, dal quale si risorge.
don Pasquale