Il cinico Erode torna a ferire

Una nuova “strage degli innocenti” –Omelia delle Ceneri 02.03.2022

Nel III Millennio dove termini come integrazione, globalizzazione, mondializzazione, villaggio globale, fanno pensare a scenari di interazione e collaborazione reciproca o persino di convivenza pacifica fra popoli dove programmi televisivi come Verissimo, o il Grande fratello sembrano voler presentare uno scenario di gioia e divertimento per tutti, una mano assassina ha deciso di sobillare la tranquillità umana con una avanzata spedizione di guerra nei confronti di un popolo già martoriato in un recente passato e costretto a ripercorrere scenari di devastazione ben noti, una rinnovata strage degli innocenti che si ripete ancora… e, per di più, in un contesto già messo a dura prova dalla pandemia  del COVID 19, dalla quale con fatica stiamo ancora tentando di uscire. In un breve lasso di tempo siamo passati dal tunnel psicologico pandemico al tunnel psicologico bellico!

Il mondo intero è ancora in preda alla paura, al pericolo, a tante incertezze, all’imprevedibilità per quanto ha sperimentato in questi due ultimi anni.

Un’umanità ancora bisognosa, dunque, di riappropriarsi del suo percorso di vita ordinario, di recuperare la capacità di relazionarsi, di stare insieme, di fare “koinonia”, di costruire un’Oikos, una casa, dove i fratelli si radunano per “fare famiglia”.

La guerra è una follia, è irragionevole, è demoniaca, in qualche modo ha a che fare col diavolo che vuole distruggere la vita e distruggere il mondo.

“Chi fa la guerra dimentica l’umanità. Non parte dalla gente, non guarda alla vita concreta delle persone, ma mette davanti a tutto interessi di parte e di potere. Si affida alla logica diabolica e perversa delle armi, che è la più lontana dalla volontà di Dio. E si distanzia dalla gente comune, che vuole la pace; e che in ogni conflitto è la vera vittima, che paga sulla propria pelle le follie della guerra (Papa Francesco, Angelus del 27/02/2022).

Su ogni scenario di guerra si staglia ancora oggi la profonda disapprovazione divina con le sue invettive: «O generazione incredula e perversa! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi?» (Mt 17,17).

In questo Mercoledì delle Ceneri il Papa invita tutti a fare di questo giorno una giornata di preghiera e digiuno per la pace in Ucraina. 

Una giornata per stare vicino alle sofferenze del popolo ucraino, per sentirci tutti fratelli e implorare da Dio la fine della guerra che ha già prodotto, in pochi giorni, i suoi danni; basti pensare a 16 bambini già uccisi nella guerra con la Russia, da Polina, morta in auto, ad Alisa, uccisa dalle bombe. Altri 45, ha riportato il premier Zelensky, sono stati feriti. Il grido di dolore dei medici: «Mostrate questo a Putin».

Polina aveva solo 10 anni e l’anno prossimo avrebbe cominciato la prima media. Ma Polina in prima media non andrà mai: è stata uccisa insieme a sua madre e suo padre mentre tentavano di uscire da Kiev in macchina, secondo quanto denuncia sui social il vicesindaco Volodimyr Bondarenko. Suo fratello e sua sorella sono invece in ospedale in terapia intensiva e nessuno sa se riusciranno a sopravvivere.

Il nostro Presidente del Consiglio ha affermato: Di fronte alla “aggressione premeditata e immotivata” da parte della Russia nei confronti dell’Ucraina, “tocca a noi tutti decidere come reagire. L’Italia non intende voltarsi dall’altra parte”. Ha parlato di aiuti, sostegni economici da far giungere (come anche il Papa ha già fatto) e di accoglienza dei profughi che intendono ricongiungersi a parenti e amici già da tempo presenti in Italia.

Alla luce di quanto sta accadendo in questi giorni, a poca distanza da noi, giacché l’Italia dista appena 2000 Km dall’Ucraina, non possiamo rimanere indifferenti, in quanto tutti facciamo parte della stessa umanità e tutti siamo membri dello stesso Pianeta.

Nell’editoriale del quotidiano cattolico AVVENIRE di oggi (02.03.22) si legge: “La creazione del mondo è incompleta, tocca a noi completarla. Il mondo è bello perché si può colorare, colorarlo significa completarlo”. Ecco qual è il nostro compito, la nostra missione: completare/colorare il mondo. Senza distruggerlo o pretendere di impossessarci di esso perché, giova ricordare sempre a noi e a tutti, che il mondo è di Dio, e ciascuno di noi può cogliersi come operaio e artigiano che se ne prende cura a vantaggio di tutti.

La Quaresima non è solo un tempo opportuno per passare in rassegna quelli che potremmo definire i “mali e orrori sociali”, ma anche e soprattutto quelli personali che si annidano nelle profondità del nostro essere e che spesso sorvoliamo o che impariamo a convivere.

Nell’Angelus di domenica scorsa (27.02.22) il Pontefice, commentando il Vangelo della correzione fraterna (Lc 6,41-45), aggiungeva: ”Il Signore ci invita a ripulire il nostro sguardo. Per prima cosa ci chiede di guardare dentro di noi per riconoscere le nostre miserie. Perché se non siamo capaci di vedere i nostri difetti, saremo sempre portati a ingigantire quelli altrui. Se invece riconosciamo i nostri sbagli e le nostre miserie, si apre per noi la porta della misericordia. E dopo esserci guardati dentro, Gesù ci invita a guardare gli altri come fa Lui – questo è il segreto: guardare gli altri come fa Lui –, che non vede anzitutto il male, ma il bene. Dio ci guarda così: non vede in noi degli sbagli irrimediabili, ma vede dei figli che sbagliano. Cambia l’ottica: non si concentra sugli sbagli, ma sui figli che sbagliano. Dio distingue sempre la persona dai suoi errori. Salva sempre la persona. Crede sempre nella persona ed è sempre pronto a perdonare gli errori. Sappiamo che Dio perdona sempre. E ci invita a fare lo stesso: a non ricercare negli altri il male, ma il bene. Dopo lo sguardo, prosegue il Papa, Gesù oggi ci invita a riflettere sul nostro parlare. Il Signore spiega che la bocca «esprime ciò che dal cuore sovrabbonda» (v. 45). È vero, da come uno parla ti accorgi subito di quello che ha nel cuore. Le parole che usiamo dicono la persona che siamo. A volte, però, prestiamo poca attenzione alle nostre parole e le usiamo in modo superficiale. Ma le parole hanno un peso: ci permettono di esprimere pensieri e sentimenti, di dare voce alle paure che abbiamo e ai progetti che intendiamo realizzare, di benedire Dio e gli altri. Purtroppo, però, con la lingua possiamo anche alimentare pregiudizi, alzare barriere, aggredire e perfino distruggere; con la lingua possiamo distruggere i fratelli: il pettegolezzo ferisce e la calunnia può essere più tagliente di un coltello!”.

Carissimi, cogliamo questo tempo liturgico come un vero e proprio Kairos, cioè un tempo di grazia da vivere non tanto come “cose da fare” ma come un cuore da cambiare, per riscoprire la forza dell’amore che ci sprona a fare del bene giacché, come amava dire Gandhi: «Sono le azioni che contano. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fin tanto che non vengono trasformati in azioni. Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo».

don Pasquale Zecchini

Caino ha colpito ancora…

Homo homini lupus???

Omelia nella festa di S. Girolamo 30/09/2021

Non si può, carissimi, cantare spensieratamente il Gloria in excelsis Deo · Et in terra pax hominibus bonae voluntatis quando una mano assassina ha infranto il 5° Comandamento ove Dio proibisce ad un essere umano di annientare la vita di un proprio simile, chiunque esso sia e/o qualsiasi cosa abbia fatto!!!

Il mondo, creato dall’Onnipotente Dio, non è una foresta dove l’uomo può andare a caccia della sua preda.

L’egoismo, la sopraffazione dell’altro, è una tentazione sempre in agguato nella mente e nel cuore di ogni uomo, soprattutto quando ci si allontana da Dio e ci si concentra su se stessi sviluppando una sete di dominio sulle cose e sulle persone.

Lontano da Dio, l’uomo sprigiona istinti e desideri di potere e ogni sorta di appagamento di bisogni, talvolta leciti, ma spesso anche illeciti, e addirittura disastrosi!!!

Il concetto dell’homo homini lupus è stato ripreso da diversi filosofi e pensatori: Erasmo da Rotterdam, Francesco Bacone e tanti altri nel corso della storia.

Nel XVII secolo il filosofo britannico Thomas Hobbes lo utilizzò per connotare la natura umana nella sua opera De Cive (Il cittadino). 

Secondo Hobbes, la natura dell’uomo è essenzialmente egoistica e a determinare le azioni umane sono solamente l’istinto di sopravvivenza e quello di sopraffazione; egli ritiene impossibile che l’uomo si senta spinto ad avvicinare un proprio simile in virtù di un amore naturale; i legami di amicizia o di società degli uomini sono dovuti solamente al timore reciproco.

Nello stato di natura, ovvero in quello stato non regolato da alcuna legge, ogni persona, mossa dal suo più recondito istinto, cerca di danneggiare gli altri e di eliminare tutti coloro che rappresentano un ostacolo al raggiungimento dei propri scopi; in altri termini, ogni individuo vede nel proprio prossimo un nemico.

Anche ai tempi di Girolamo l’altruismo, il rispetto e l’amore per l’altro, non erano concetti e fattori acquisiti e vissuti, perfino all’interno della curia romana, che Girolamo aveva frequentato e conosciuto in virtù della collaborazione offerta a Papa Damaso, che lo aveva scelto come proprio segretario e consigliere e, allo stesso tempo lo invita a intraprendere una nuova traduzione in latino dei testi biblici.

Alla morte di Papa Damaso, il suo rigorismo, la sua attenzione alle regole e la sua austerità lo portano a condannare vizi e ipocrisie e, per questo, preferisce abdicare agli ambienti di Santa romana Chiesa e sceglie di ritirarsi a Betlemme, stabilendosi presso la grotta della Natività, e così dedicarsi sempre più intensamente allo studio della Parola di Dio.

Piacere a Dio, e non agli uomini, diventa la meta quotidiana e il “programma di vita” di Girolamo, nello sforzo costante di mettere in pratica gli insegnamenti contenuti nella Sacra Scrittura, la cui lettura, meditazione e traduzione nella Vetus latina, caratterizzava e riempiva gran parte del tempo delle sue giornate. 

Possa il nostro Santo Patrono ispirare anche a noi tali sentimenti e superare uno stile di vita mediocre e spesso caratterizzata da compromessi e opacità diffuse.

don Pasquale

8 agosto 1991 – 8 agosto 2021: lo sbarco dei ventimila albanesi sulla Vlora 30 anni dopo

Il video dell’inaugurazione del Largo Sono Persone 8.8.1991

Domenica 8 agosto 2021, in occasione dei 30 anni dallo sbarco di 20.000 albanesi dalla nave Vlora, è stata inaugurata una nuova piazzetta su lungomare di San Girolamo intitolata proprio “Sono persone 8.8.1991”, in ricordo della celebre frase pronunciata dall’allora Sindaco Enrico Dalfino «Sono persone, persone disperate. Non possono essere rispedite indietro, noi siamo la loro unica speranza». Sulla stessa piazza svetta un monumento che ripete la stessa frase in codice morse, linguaggio universale.All’evento ha partecipato anche il nostro don Pasquale, così come il Sindaco di Bari Antonio Decaro e i Sindaci di Tirana e Durazzo.

Più tardi nella serata si è tenuto uno spettacolo dal titolo “La nave dolce” che ha ripercorso i concitati momenti di quei giorni dal punto di vista degli albanesi che sono sbarcati e da quello dei baresi presenti.

Don Pasquale con i sindaci di Durazzo e Tirana e l’artista Jasmine Pignatelli, autrice dell’opera Sono persone 8.8.1991

Dalla Testimonianza degli effetti dello sbarco degli Albanesi in Terra di Bari di don Carmine Leuzzi, fratello del nostro diacono Giacomo

Nel 1992, a Tirana, capitale della nazione Albanese, cade il regime dittatoriale e criminale di Enver Hoxhia, in seguito ad una sommossa studentesca organizzata per chiedere libertà e cambiamento verso una nuova politica democratica.

Le motivazioni che hanno spinto la popolazione albanese, in particolare uomini, poche donne, molti giovani, studenti, professionisti, poliziotti e molti che erano detenuti in carcere, (perché in quei giorni, sono state aperte a scopo politico le porte di tutte le carceri), ad imbarcarsi su navi, raggiungendone il massimo della capienza, e partire verso il porto di Brindisi, di Bari e altri porti, sono state, innanzitutto, le gravissime condizioni socio-sanitarie ed umanitarie che lo stesso regime ateo, comunista e materialista, aveva lasciato in eredità ad una popolazione affranta e sfinita dopo cinquanta anni di miseria e povertà.

Erano pieni di speranza, aperti aperti a vivere giorni di risveglio e di ricostruzione umana e politica. Inoltre, prima della caduta del regime comunista, l’Albania era una Nazione chiusa nei propri confini nazionali. Con il cambiamento politico, essa si è aperta ad altre realtà, anche attraverso i canali televisivi nazionali e stranieri. Così, la sua popolazione poté anche vedere quella che era la ricchezza economica italiana.

Vennero quindi in Italia sognando la fortuna, per trovare lavoro, inserirsi nelle università e vivere la libertà che si respirava in Europa, in America ed in tutte le Nazioni sviluppate e progredite. Ma la popolazione, recuperata la libertà politica, non era in grado di affrontare le nuove proposte che venivano dalle nazioni straniere. Per questo, alcuni di loro, arrivati al porto di Bari, e notando di essere stati rinchiusi in uno stadio, con tutti i disagi conseguenti e nonostante gli interventi prodigiosi del sindaco di Bari, Enrico Dalfino, hanno messo in atto atteggiamenti incivili e tumultuosi ed in tanti hanno tentato di fuggire da quel luogo per recarsi in altre città e nazioni europee.

La popolazione della città di Bari ha tuttavia riservato ai cittadini della Nazione albanese un’accoglienza meritoria. Molti si sono veramente prodigati per il bene di queste persone. Sono stati mesi molto impegnativi e duri.

Io, parroco della Chiesa di San Pio X nella periferia di Bari, ho accolto alcuni giovani e attraverso i loro racconti, ho imparato ad conoscere ogni aspetto socio-politico dell’Albania e ad amare quella nazione, perché perseguitata per la fede cristiana cattolica, con molti martiri. Sono arrivato al punto di chiedere all’Arcivescovo, S. E. Mons. Mariano Magrassi, di esservi inviato in missione diocesana, per rievangelizzarli alla fede della Chiesa cattolica in Gesù Cristo, risorto dalla morte di Croce, speranza concreta per quella Nazione, con un’intensa pastorale missionaria.

Benedetto sia il Signore che ha compiute meraviglie in questi anni, con la sua Grazia.
d. Carmine Leuzzi

Pasquale Colella

La comunità di San Girolamo si è stretta tutta intorno alla famiglia Colella per la scomparsa del caro Pasquale, marito e padre amorevole.
In tanti oggi hanno voluto portargli l’estremo saluto, dai familiari agli amici, dai colleghi di lavoro agli amici di infanzia.
“Nessuno di noi avrebbe mai pensato che saresti diventato un angelo così giovane, così presto!”

Il saluto di Deborah Pamela e Mattia

Veglia di Pasqua 2021

“Veglia della Notte Santa, la madre di tutte le veglie”.

Così S. Agostino definisce questa celebrazione, la più importante dell’anno liturgico.
È cominciata nella semplicità del campetto della nostra parrocchia la nostra Veglia di Pasqua. Non eravamo al buio ad attendere la tua luce Signore, nessuna candela tra le mani, mancava anche la tua statua da scoprire Signore!
Distanziati come le fredde pedine di una dama proprio come vogliono le normative anti contagio eravamo lì ed eravamo in tanti a vegliare e nel silenzio dei nostri cuori meditavamo agli ultimi giorni trascorsi, quelli del Triduo, durante i quali abbiamo ricordato insieme alle tue paure e alle tue sofferenze anche le nostre. Si perché in questi mesi bui di pandemia tante volte abbiamo perso la speranza e la gioia! Ma tu Signore questa sera ci hai inondati con il Tuo Santo Spirito di luce e di una speranza sempre nuova! Perché “La fede non è un repertorio del passato, Gesù non è un personaggio superato. Egli è vivo, qui e ora. Cammina con te ogni giorno, nella situazione che stai vivendo, nella prova che stai attraversando, nei sogni che ti porti dentro. Apre vie nuove dove ti sembra che non ci siano”.(Papa Francesco nell’omelia della Veglia Pasquale nella Notte Santa di Pasqua 2021).
Sì perché in questa notte di Pasqua siamo stati raggiunti da un annuncio sempre nuovo che ci ha riempito il cuore di gioia e di meraviglia: Cristo ha sconfitto la morte ed è risorto, e anche noi con Lui, siamo passati a vita nuova.
Sì è proprio cosi! Questa sera abbiamo visto l’amore vincere!
ALLELUIA!

Una catechista.

 Omelia Veglia Pasquale 2021

Coraggio sono io non abbiate paura  

        Fratelli carissimi, è Pasqua!

Dio torna a passeggiare con gli uomini, per le strade della vita per rivestirli della veste della sua misericordia e della sua tenerezza, per farsi carico del suo sudore, per mettere ali ai suoi piedi e radici nei loro cuori.            

Risorgano le famiglie, e sia mattino di pasqua sui volti di che è stato segnato dalla sofferenza. 

Sia Pasqua per i tanti fidanzati che, in più occasioni in questo anno, hanno dovuto rimandare la data del giorno di nozze.

Risorga dal torpore la nostra città e il nostro quartiere perché possano costruire spazi di condivisione e di solidarietà, di giustizia e di carità.

Risorgano i giovani e il loro cuore torni a sognare, trovino in Cristo risorto il loro vero amico e l’unico loro Maestro.            

Tornino a gioire i bambini costretti all’isolamento forzato e privati dell’incontro con i loro coetanei nel contesto dell’esperienza di apprendimento scolastico e dalla vita sociale, per sfuggire dal nemico che vuole “mordere” o soltanto “ferire”.

Che la luce di questo cero pasquale, segno di Cristo risorto, accenda nei nostri cuori la speranza, e come le donne al sepolcro, ci faccia correre per le strade del mondo a illuminare le notti di quanti vivono ancora nelle tenebre del male, a portare il lieto annunzio a quanti sono schiacciati dal peso della tristezza, a fasciare le piaghe di tanti cuori spezzati.    

Il Risorto ci dice ancora oggi: Coraggio sono io non abbiate paura  (Mt. 14,22-33)     

Sia per tutti pasqua di risurrezione e di speranza.   AUGURI – AUGURI – AUGURI!!!     

don Pasquale