Venerdì Santo 2021

Nella semplicità e nel silenzio è iniziata la liturgia della Passione di Cristo del Venerdì Santo. Nella consapevolezza dell’uomo che riconosce il suo peccato e la sua miseria il celebrante, come rappresentante del popolo di Dio e dell’intero genere umano, si è prostrato per terra per alcuni minuti per poi guidare la celebrazione nei tre momenti fondamentali: la Liturgia della Parola – l’Adorazione della Croce – la Comunione Eucaristica.
Le norme liturgiche per le celebrazioni del triduo 2021 in tempo di Pandemia hanno aggiunto una preghiera straordinaria alle dieci stabilite dal Messale:

Nella presente situazione drammatica della pandemia del coronavirus che attanaglia il mondo intero, preghiamo per i defunti, per quanti sono smarriti per la morte dei loro cari, per le persone ammalate e i loro familiari, per le conseguenze incerte sul lavoro di tante nostre sorelle e fratelli.
 
Vieni ora in nostro aiuto Dio onnipotente, affinché possiamo sperimentare il tuo amore che guarisce. Accogli nella tua misericordia coloro sono morti a causa del virus. Conforta le famiglie dei malati e delle vittime. Sii vicino ai medici, agli infermieri e a tutti gli operatori sanitari. Sostieni gli sfiduciati. 
O Padre che tutto rinnovi nel tuo Spirito, benedici il mondo, dona salute al corpo e conforto al cuore. 
Per Cristo nostro Signore. 
 
R. Amen.

“Tutto è compiuto” Gv. 19, 30, in greco: “Tetélestai”

Chinarsi verso l’altro, è stata questa la grande “lezione” che il divino Maestro ci ha consegnato ieri, per permettere all’altro di sollevarsi, o talvolta anche guarire, in una prospettiva di amicizia e di amore. 

Tutto questo ce lo ricorda ancora oggi il Maestro.

L’evangelista Giovanni ci riporta il grido di Gesù sulla Croce disse: “Ho sete”  (Gv. 19,28): il Crocifisso ha sete per la salvezza dei suoi crocifissori, per la diffusione del vangelo, per l’unità dell’umanità. 

“I thirst” (ho sete), c’è scritto sul crocifisso della Casa Madre delle Suore della Carità di Madre Teresa di Calcutta e in ogni cappella – in ogni parte del mondo – di ogni casa della famiglia religiosa di Madre Teresa. 

La croce rivela questo amore superumano: ecco perché costituisce la chiave della spiritualità della piccola Suora dalle origini Indiane e dell’ordine femminile da Lei fondato.

Carissimi dobbiamo comprendere che quanto stiamo celebrando in questi giorni non è il puro ricordo di un fatto avvenuto una volta a Gerusalemme e ormai perso in un lontano passato; è una memoria che anche oggi è arricchita della medesima realtà di quegli eventi. Sotto un rito semplice e significante, il Signore Gesù si fa davvero presente con la sua persona adorabile, col suo sacrificio che ha sancito la Nuova Alleanza, con un nutrimento arcano – la sua “carne per la vita del mondo” (cf Gv 6,51) – che ci consente misteriosamente ma realmente di vivere la sua stessa vita. 

La morte in Croce di Cristo, che questa sera rievochiamo, non è dunque un’esperienza remota ed estranea, che impallidisca sempre più con l’implacabile fuggire dei secoli: al contrario, ci propone una partecipazione personale e coinvolgente all’avvento centrale della storia, che è reso presente; non è la cenere di un fuoco irrimediabilmente spento, è la fiamma di un amore che continua a divampare nei cuori.

Il Vangelo di Luca racconta: “tutte le folle che erano accorse a questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornavano percuotendosi il petto” (Lc 23,48), anche noi, tornando alle nostre case, dovremmo dire: “Grazie Gesù hai fatto tutto questo anche per me!”.

Vorrei accostarmi al Mistero della Croce questa sera attraverso i testi e la fede di alcuni Padri della Chiesa:

Ci fa riflettere un testo liturgico della Liturgia Ortodossa:

“Vediamo oggi compiersi un tremendo e straordinario mistero! L’inafferrabile viene arrestato; colui che libera Adamo dalla maledizione viene legato; colui che scruta i cuori e i nervi ingiustamente è sottoposto ad inchiesta. E’ chiuso in prigione colui che chiude l’abisso. Compare davanti a Pilato colui davanti al quale stanno tremanti le potenze celesti. Il creatore è schiaffeggiato dalla mano della creatura. E’ condannato al legno colui che giudica i vivi e i morti. Viene chiuso nel sepolcro lo sterminatore dell’Ade. Gloria a te, Signore, paziente che sopporti tutto con amore per salvare tutti dalla maledizione”

(Dal Vespro del Grande Venerdì).

 La Croce da una parte, secondo S. Giovanni Crisostomo

è ”l’inizio della salvezza dell’uomo”, “causa di innumerevoli beni”, perché “salvò e trasformò il mondo, scacciò l’errore, introdusse la verità, cambiò la terra in cielo, fece gli uomini angeli”. 

Secondo S. Cirillo di Gerusalemme

“ogni opera di Cristo è gloria della Chiesa universale, ma gloria delle glorie è la Croce” rivelando (essa) nel mondo il suo infinito amore per l’uomo, riconcilia di conseguenza l’amore con l’immortalità che possedeva l’uomo prima della sua caduta nel peccato e l’immortalità con la vita, che sono frutti eterni, doni divini, dati dal Dio Trino all’uomo salvato.

Per S. Giovanni Crisostomo la CROCE è FESTA: FESTEGGIAMO LA CROCE DI CRISTO: 

Oggi il Signore Gesù è sulla croce e noi facciamo festa: impariamo così che la croce è festa e solennità dello spirito. Un tempo la croce era nome di condanna, ora è diventata oggetto di venerazione; un tempo era simbolo di morte, oggi è principio di salvezza. La croce è diventata per noi la causa di innumerevoli benefici: eravamo divenuti nemici e ci ha riconciliati con Dio; eravamo separati e lontani da lui, e ci ha riavvicinati con il dono della sua amicizia. Essa è per noi la distruzione dell’odio, la sicurezza della pace, il tesoro che supera ogni bene.
Grazie alla croce non andiamo più errando nel deserto, perché conosciamo il vero cammino; non restiamo più fuori della casa del re, perché ne abbiamo trovato la porta; non temiamo più le frecce infuocate del demonio, perché abbiamo scoperto una sorgente d’acqua. Per mezzo suo non siamo più nella solitudine, perché abbiamo ritrovato lo sposo; non abbiamo più paura del lupo, perché abbiamo ormai il buon pastore. Egli stesso infatti ci dice: lo sono il buon pastore (Gv. 10,11). Grazie alla croce non ci spaventa più l’iniquità dei potenti, perché sediamo a fianco del re. Ecco perché facciamo festa celebrando la memoria della croce

(Eis ton stauron kai eis ton lesten, Omelia 1: P.G. 49, 399-401)

don Pasquale Zecchini

Giovedì Santo 2021

Anche la messa di Giovedì Santo 2021 è stata limitata dalle disposizioni anti-covid, impedendoci di svolgere il rito seppur facoltativo della lavanda dei piedi. Ha visto però una grandissima e accorata partecipazione di fedeli, sempre nel rispetto delle norme di sicurezza.

PANE DIVISO E CONDIVISO NELL’AGAPE E NELLA DIAKONIA
Ancora oggi si fa riconoscere nello “spezzare il pane”
(klásis tou ártou)

L’ evangelista Giovanni non parla della istituzione dell’Eucaristia, cioè di ciò che Gesù ha fatto col pane e con il vino in quella Sua Ultima Cena terrena.

 Si è dimenticato? Perché non ne parla? Non può essersi dimenticato! 

Niente di tutto ciò! Nell’ottica di Giovanni l’Ultima Cena va guardata più in profondità. 

Egli cioè propone una sorta di “radiografia dell’Ultima Cena”, non si ferma al visibile, ma và più in profondità. Giovanni mostra che Gesù lava i piedi gesto che per lui è quasi “cuore della Cena” che, così, diventa più di un pasto conviviale.

Il più grande si fa più piccolo; per amore, si fa servitore.

Il Figlio di Dio si fa schiavo per noi. Prende il catino e lava i piedi: lascia la tavola, depone le vesti e si cinge un grembiule, prende un asciugatoio per asciugare i piedi dei suoi discepoli.

Solo Giovanni riporta questa scena che, se non ripetiamo in ogni celebrazione, è anche vero che non deve sfuggire dalla nostra memoria.

Infatti, può accadere di vedere la mensa, il pane e il vino, i fiori, ma non il Signore che si abbassa davanti a ciascuno di noi. Che cosa ci scuoterà dal sonno e ci renderà capaci di profondità? Giovanni ci invita a contemplare a lungo questa icona dell’amore, finché questa icona dalla vista giunga fino al cuore. 

Alla mensa siamo attorno a Cristo e Lui viene a lavarci i piedi. Come Pietro, vorremmo dirgli di no, perché comprendiamo che dobbiamo a nostra volta, lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio da ripetere, un esempio da comprendere, un atteggiamento da assumere: essere umili per lasciarci amare. Non si tratta di uno spettacolo o di un teatrino, ma di un appello esigente che ci invia in missione, per fare anche noi lo stesso. Vi ho dato un esempio, perché facciate lo stesso (Gv 13,15). 

È l’impegno del servizio, il dono, la grazia del servizio, per essere trasformati in servitori di Dio, della Chiesa, dell’umanità intera. L’Eucaristia ci svela che bisogna alzarsi da quella tavola, dove si sta bene, a volte circondati dal calore del gruppo e deporre le vesti che significa tirarsi su le maniche, e perdere la vita. Prendere l’asciugatoio e cingerlo. Essere chiesa del grembiule (come diceva il vescovo Tonino Bello), chiesa del servizio

Ecco cosa ha individuato Giovanni nella “radiografia della Cena di Gesù”.

Ma questa è una delle due facce dell’Eucaristiala diakonia!

L’altra la raccontano gli altri evangelisti sinottici (Matteo 26, 20-30; Marco 14, 22-25; Luca 22, 14-39; Giovanni 26;13-17; Paolo 1Cor 11,23-26 Mt. 13, 16-17.

L’Eucaristia ha bisogno del prete e della comunione di amore che è la Chiesa. Ciascuno vi contribuisce per la sua parte. 

Prese il pane, e continua: lo spezzò, ecco un altro dettaglio sottolineato dai tre evangelisti – è sicuramente per mangiarlo: bisogna spezzarlo. In effetti la tradizione cristiana ha colto ben altro, non si tratta solo di un gesto utilitario, non si tratta di un semplice gesto pratico, ma perché è il segno della Passione, Cristo stesso si è lasciato spezzare, rompere dalla sofferenza. 

Il “pane della condivisione” evoca – tra le altre – la valenza etico-sociale dell’eucarestia. 

La Chiesa vede nell’Eucaristia il sacramento che, oltre a costituirla, dà forma alla sua esistenza

Non è forse l’Eucaristia il segno dell’unità e il vincolo della carità che insieme lega il corpo ecclesiale? 

La comunione eucaristica diventa così la forma della comunione ecclesiale. Sottolineare ciò significa richiamare il compito che impegna tutto il popolo di Dio ad essere “segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (LG 1). Impegna i sacerdoti a essere ministri di quella carità pastorale che non solo scaturisce dall’Eucaristia ma trova nella celebrazione di questa la sua più alta realizzazione. Sollecita le persone consacrate a ritrovare nell’Eucaristia la sorgente di sempre rinnovato dono a Dio e alla sua Chiesa. Per tutti fedeli laici impegnati nelle varie attività apostoliche l’Eucaristia è l’alimento che sostenta l’impegno missionario e ne assicura l’efficacia profonda. 

E’ l’Eucaristia che fa la Chiesa e la nutre, come un tempo la manna nutrì il popolo dell’Antica Alleanza e gli permise di sopravvivere durante i quarant’anni di cammino nel deserto. Durante i quarant’anni ma non oltre. Solo l’Eucaristia consente di vincere la morte.

L’Eucarestia spinge ogni credente in Lui a farsi áá pane spezzatoññ  per gli altri, e dunque ad impegnarsi per un mondo più giusto e fraterno. (…) Davvero la vocazione di ciascuno di noi è quella di essere, insieme a Gesù, áápane spezzatoññ   per la vita del mondo”(Benedetto XVI).

Gesù si dona nell’Eucarestia tanto disarmato da farsi “mangiare e bere” tutte le volte che lo desideriamo. Dopo averlo ricevuto nell’Eucarestia, possiamo ancora dubitare di essere amati da Lui? Che altro potrebbe fare per provarci il Suo amore?

E voi, fategli buona compagnia, non perdete una così bella occasione per manifestargli le vostre necessità dopo la Santa Comunione. E se la vita vi chiama ad altre occupazioni cercate di rimanergli uniti con l’anima. Se appena ricevuta la S. Comunione uno non vede l’ora di uscire di chiesa e così si ingolfa nelle occupazioni e negli affari del mondo, come volete che il Signore gli si manifesti?” (S. Teresa d’Avila). 

Il messaggio di PAOLO VI “Omnia Nobis Est Christus” (Cristo è tutto per noi!), scritto per la Quaresima 1955, Sì, Gesù Cristo, Nostro Signore, è a noi necessario. Il tema è sempre nuovo; non lo si dica già conosciuto; esso è inesauribile”. “Cristo è il nostro tutto”. Scrive Papa Paolo VI: “Non sempre nei fedeli è presente l’idea che noi siamo di Cristo. E’ per Lui che noi formiamo una sola famiglia, un sol corpo: la Chiesa.

Preghiamo insieme con le Parole di Paolo VI (26 marzo 1972) 

Siamo qui, Signore, per riconoscere e proclamare che Tu sei il Cristo, il Salvatore, Colui che solo dà senso, valore, speranza, gioia alla vita degli uomini, alla nostra vita. Sei Tu, Gesù, che liberi gli uomini dalle catene del peccato e da quelle altre catene interne ed esterne di ogni schiavitù. Sei Tu, Gesù, che ci dai le ragioni per cui vale la pena di vivere, di amare, di lavorare, di soffrire e di sperare. Sei Tu, Gesù, che ci insegni le supreme verità, che ci obblighi a considerarci fratelli. Sei Tu, Gesù, che ci soffi nei cuori il Tuo Spirito di sapienza, di fortezza, di gioia e di pace. Sei Tu, Gesù, che ci fai Chiesa. Noi abbiamo bisogno di Te. Tu sei la nostra segreta Aspirazione a fare della vita una cosa seria, un momento di pienezza, un’ora di sapienza, un dono d’amore, un inno a Dio. Amen

don Pasquale

Domenica delle Palme 2021

 “ELOÌ ELOÌ, LEMÀ SABACTÀNI

Apparentemente Dio sembra essere sordo e muto a questo grido di straziante dolore di Gesù sulla Croce, le ultime parole della sua vita terrena secondo il Vangelo di Marco.

Ci commuove e ci fa riflettere la confessio fidei del centurione che visto morire Gesù in quel modo disse: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio” (Mc 14,39). 

In quale modo? Con la pazienza, la mitezza, la misericordia… cioè senza sentimenti di odio, vendetta, rancore per il torto subito!

Ma ci è lecito chiederci: Dio dov’era?

Il male sembra aver preso il sopravvento sul bene e Gesù sembra un figlio abbandonato dal Padre.

Si, cosa ha fatto Dio per alleggerire il peso della croce del Figlio??? Apparentemente nulla!!!

Anzi, sembra aver permesso al male di accanirsi su di Lui.

Invece Dio c’era!

Si, ha sostenuto il Figlio infondendogli pazienza, amore, docilità come Agnello mansueto fu condotto al macello (Ger. 11,19)

Si, Dio ha dato forza al suo Figlio perché riuscisse a sopportare la Sua sofferenza e tanti Tradimenti:

  • Tradito dalla gente che prima lo ha osannato e poi condannato gridando: Crocifiggilo!
  • Tradito da Giuda, uno dei suoi discepoli, con un bacio;
  • Tradito da Pietro che gli aveva promesso fedeltà e sequela eterna e indefettibile;
  • Tradito dal Sinedrio, l’autorità religiosa del tempo;
  • Tradito da Pilato, l’autorità civile del tempo.

In questi giorni che ci preparano alla Pasqua con dovute e doverose limitazioni a motivo del Covid da abbattere, più che pensare a ciò che non ci è dato di poter fare, pensiamo e impegniamoci su quanto si può fare: guardiamoci dentro e cerchiamo di rimuovere eventuali tracce di: falsità – ipocrisie – doppiezze – tradimenti – promesse che facciamo e non manteniamo – e…  cose di questo genere.

In questo anno di pandemia che abbiamo vissuto, forse anche noi abbiamo potuto dire a Dio: “ELOÌ ELOÌ, LEMÀ SABACTÀNI”???

E Dio, in tanti modi, ha detto a noi come quel giorno a suo Figlio: Sono qui figlio mio! Sono qui figli miei, sono accanto a voi, non vi abbandono mai!!!

Io VI AMO e VI PERDONO!!!

Settimana Santa 2021

Carissimi genitori dei ragazzi di Catechismo e fedeli tutti,

siamo coscienti del fatto che il periodo che stiamo vivendo è abbastanza critico e perfino drammatico!

Ci auguriamo che il vaccino possa porvi rimedio a questo “leone”, ossia Covid 19, che vorrebbe “divorarci” o “ferirci”.

Tuttavia la vita deve continuare ad avere il suo percorso, se pur con le dovute cautele e modalità, che da un anno ci stanno suggerendo e che non sempre osserviamo scrupolosamente.

Come sapete da Domenica iniziano per la cristianità i GIORNI SANTI della commemorazione della PASSIONE – MORTE e RISURREZIONE di GESU’CRISTO.

 La fede potrebbe essere una LUCE in questo momento di buio e smarrimento! Perché privarci di questa forza assai necessaria per voi e per i vostri figli?

I decreti e provvedimenti governativi hanno permesso alle Chiese di celebrare in presenza i vari riti della Settimana Santa forse perché si è capito che proprio dalla fede possiamo attingere, in quest’ora, la “medicina” e la forza morale per combattere l’oscurità e il pericolo in agguato.

Isolarci, poi, non fa per niente bene!

Già vivremo tutti una “Pasqua da reclusi” ognuno segregato nelle proprie case e possibilmente con pochi componenti familiari….

perché non approfittare “dell’ora d’aria” per prendervi parte alle celebrazioni liturgiche previste nella nostra comunità parrocchiale a partire dalla domenica delle Palme – Giovedì – Venerdì Santo e Veglia Pasquale???

D’altronde la maggior parte delle celebrazioni le vivremo negli spazi aperti della nostra parrocchia come indicato per ogni celebrazione dal programma predisposto con gli orari e i vari giorni.

Il mio invito più appassionato è quello di far prevalere la ragione, il buon senso e la voglia di rivederci (con distanziamento) e PREGARE INSIEME IL DIO DELLA GIOIA, DELLA LUCE e DELLA VITA!!!

Vi aspetto numerosi

Don Pasquale

27 marzo 2021   

Comunità reali o comunità virtuali/artificiali?

Mercoledì delle ceneri – omelia 17 Marzo 2021

1. “LACERATEVI IL CUORE E NON LE VESTI” 

Gioele ci aiuta a iniziare questo tempo liturgico della Quaresima nella giusta dimensione, gradita a Dio, non cioè come “cose da fare” ma cuore da curare e guarire. 

La Pandemia non ha portato danni solo all’economia, alle persone, alle istituzioni, ma anche al sistema sociale. La convivenza umana nel giro di un anno si è impoverita e ridotta a chiusure “settarie”, trincee”, le comunità di persone che si incontravano, discutevano, confrontavano ecc… sono divenute “comunità virtuali o artificiali”

Sugli effetti e le conseguenze dell’individualismo, che coronavirus ha accentuato, si è soffermato il Papa nel suo Messaggio per questa Quaresima 2021. Purtroppo oggi questo senso di comunità si sta progressivamente indebolendo e logorando a causa del diffondersi di un individualismo estremo. Quell’individualismo che colpisce anche la famiglia, i contatti sociali stanno diventando sempre più difficili anche per causa delle tecnologie che, se da un lato hanno migliorato le nostre vite, dall’altro, possono minare nel profondo i contatti sociali. 

Essere e fare comunità chiede di manifestare la volontà di partecipare alla costruzione di un comune percorso di sviluppo che possa vincere gli inevitabili conflitti, divisioni, egoismi ed esprimere il fermo desiderio e conseguente impegno di una partecipazione vera e costruttiva

L’appartenenza è il sentimento di base che porta i membri a sentirsi parte integrante della comunità ed a percepirsi connessi con gli altri.  

L’omelia di questo mercoledì delle ceneri che dà inizio al tempo di Quaresima terrà in larga considerazione quanto il Papa ribadisce nel suo messaggio con applicazioni pastorali al cammino parrocchiale che stiamo vivendo, il quale necessita di rinnovate puntualizzazioni per correggere il tentativo e la voglia di procedere “ognuno per proprio conto e come gli pare e piace”! 

La Quaresima ci ricorda che Dio è il punto di partenza dal quale tutti dobbiamo ripartire, perché Egli non è indifferente riguardo a quanto ci accade. 

L’attitudine egoistica di indifferenza ha preso oggi dimensione mondiale che il Papa chiama GLOBALIZZAZIONE DELL’INDIFFERENZA! 

Tra Dio e l’uomo vi è una PORTA: la CHIESA che è come la mano che tiene aperta questa porta mediante la proclamazione della Parola e la celebrazione dei Sacramentila testimonianza della fede che si rende efficace nella Carità.  

La tentazione di rifugiarsi nell’isolamento, nel privato o, al massimo nel piccolo gruppo, è una  tendenza molto pericolosa e insidiosa ai nostri giorni che fa sì che quella mano che è la Chiesa venga schiacciata, ferita e offesa.

Dell’onorificenza della Chiesa (o della sua Fioritura, in positivo), o del suo ferimento (in negativo) dobbiamo sentirci tutti coinvolti. Ciascuno, infatti, può contribuire nel far gioire o soffrire la Chiesa. 

LA CHIESA È COMMUNIO SANCTORUM E PECCATORUM 

2. LA RICCHEZZA DI “ESSERE COMUNITÀ” 

È urgente e doveroso evidenziare il fatto che oggi si verifica sempre più: la tendenza a promuovere un certo individualismo che genera solitudine, malessere, egoismo. Non vi è dubbio che la persona umana sia fatta per la dimensione comunitaria; ogni persona ha bisogno di donare amore e di essere amata, di essere capita, accolta, di curare e di essere curata. La regola della comunità è l’amore, il bene dell’altro. La vita comunitaria ha un prezzo, non è un fatto del tutto spontaneo. Se vogliamo godere dei benefici della vita in comune dobbiamo essere disposti a far morire una parte di noi, a rinunciare ad alcuni nostri desideri, ad una parte dei nostri progetti; la comunità ha bisogno di pazienza, di silenzi, di passi indietro, di capacità di chiedere scusa, di tanta umiltà. Solo morendo si può risorgere. 

Tutti possiamo essere costruttori di comunità: sarebbe la più grande opera che possiamo fare. 

Per essere costruttori di alleanze, occorre  partire da se stessi accendendo il desiderio  di comunione “dentro” di noi.  Le cose vere della vita nascono sempre dal di dentro, perché solo nell’interiorità e nel silenzio esse possono crescere  e maturare, senza  forzature e manipolazioni. 

A partire da questo  nucleo  possiamo individuare due vie concrete e operative, che sono  punti  irrinunciabili di ogni proposta  pastorale: 

  1. la via della convinzione: un cammino fatto di condivisione comunitaria  si realizza solo se noi stessi, per primi, lo crediamo possibile. Quante persone perdono il desiderio di una appartenenza comunitaria perché smarriscono innanzitutto la via della propria individualità e della interiorità del cuore… Quanti rimangono imbrigliati  in gabbie di fatalismo e di rassegnazione: «Per me sarà sempre così, non posso fare nulla  per cambiare  la mia vita>>. E si arrendono. La vera  vittima,  nella vita, è soltanto chi si rassegna: vittima  di se stesso, della sua sfiducia, del suo non  consegnarsi ad una  relazione profonda con gli altri.
  2. La via della condivisione: è significativa non solo e non tanto perché “insieme è bello”, ma  perché  insieme  il cuore  può  superare tante paure. È essenziale,  oggi, trovare chi accetta  di condividere il proprio  lumicino di comunione e camminare con noi,  tenendo il ritmo  del nostro passo,  anche se appesantito, vacillante e incerto. Questa  è la via dei cuori  semplici,  di coloro  che hanno imparato a credere  nella  forza dell’amicizia, del bene  donato e ricevuto, di una  condivisione costantemente ricercata. 

È una via di fatica  e di speranza, che va ben  oltre la logica della omologazione e del lasciare le cose come sono.  Nel suo prezioso  e profetico  libretto La Parrocchia, don  Primo  Mazzolari  scrive: «Molti temono la discussione. La discussione, nei cuori profondi, anche se vivace e ardita, è sempre una protesta d’amore e un documento di vita. E la Chiesa, oggi, ha bisogno di gente consapevole, penitente e operosa, fatta così». 

Interrogando una certa letteratura scorgiamo che FARE COMUNITA’ non è operazione facile in quanto la società è caratterizzata da relazioni basate sull’interesse e sul calcolo che seguono uno schema meccanicistico basato sullo scambio: “nessuno vorrà concedere e dare qualcosa all’altro, se non in cambio di una prestazione o di una donazione reciproca“.  

Qualcuno parla di “comunità convenzionali” che offrono agli individui la possibilità di aggregarsi solotemporaneamente e solo per un determinato scopo o finalità in quanto, ritiene Bauman, unirsi per perseguire una causa comune è impossibile perché gli interessi degli individui non sono cumulabili. Ognuno è interessato a perseguire i propri obiettivi senza essere ostacolato dagli altri.  

In quest’ottica, l’individualismo diventa un valore istituzionalizzato. Qualche altro parla di comunità in rete dove persone interessate a uno stesso tema o argomento discutono e scambiano idee su blog, forum e chat room. 

3. COMUNITÀ VIRTUALI 

Innanzitutto le comunità virtuali si differenziano dalle comunità tradizionali per l’assenza di prossimità fisica: l’interazione ha luogo online ed è poco probabile che gli individui che le compongono abbiano incontri nella realtà. Inoltre, esse sono effimere perché possono facilmente esaurirsi dopo che la conversazione su un dato tema è satura e perché gli individui che le compongono potrebbero mentire sulla propria identità e sull’effettivo grado di coinvolgimento nel tema trattato (ad esempio, un pedofilo potrebbe fingere di essere una ragazzina ed introdursi in una chat room di argomenti trattati dalle giovani). Online ognuno costruisce la propria rete relazionale secondo i propri interessi e valori. Di conseguenza, relazionarsi su Internet contribuisce a rafforzare quel nuovo modello di socialità basato sull’individualismo tipico del nostro tempo.  La parola “comunità” deriva dal latino “communitas” che rimanda al donare inteso in senso reciproco.  

In questa Quaresima invito ciascuno a chiedersi: E noi quale comunità vogliamo essere??? 

Cristo è il cuore del vivere insieme, del fare e dell’essere comunità.  

Il diventare amici in Lui non parte dalla nostra iniziativa, ma dalla sua: “Io ho scelto voi”. È da dei piedi, che nel contesto dell’Ultima Cena Gesù ha lavato, durante la quale ha consegnato definitivamente se stesso all’uomo, (e con la Sua resurrezione e la Pentecoste) nasce quella prima comunità cristiana che vediamo sinteticamente e meravigliosamente descritta in poche parole nel brano di Atti 2,42-48: “Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere tenevano ogni cosa in comune frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore”. 

4. NOI SIAMO PIETRE VIVE 

Gli Atti, presentando la Chiesa delle origini, vogliono sottolineare lo stile di vita a cui dovrà ispirarsi ogni comunità cristiana del futuro e le caratteristiche imprescindibili che ne delineano l’identità: l’ascolto della Parola di Dio , la comunione fraterna che alla regola del “mio” e del “tuo” sostituisce la condivisione e la solidarietà, la divisione del pane che è memoria e segno della presenza di Gesù stesso fra i discepoli. 

Con il Battesimo siamo chiamati a formare la Chiesa dove ognuno di noi è “pietra viva”, chiamato ad edificare una comunità che si nutre della relazione con il Signore e cresce con lo stringersi di rapporti di reciprocità che valorizzano, proteggono, promuovono, curano il benessere e la felicità di tutti. 

Le nostre comunità, i nostri gruppi sono spesso segnati dalle divisioni, dalle incomprensioni, dalla fatica di essere fedeli agli impegni presi, dall’incostanza. Il modello di comunità a cui ci chiama Gesù e che i primi discepoli hanno realizzato può sembrarci utopistico e impossibile da realizzare.

La Quaresima che stiamo vivendo sia per la nostra Comunità occasione privilegiata per credere, sperare e amare (cf. Messaggio Papa Francesco per la Quaresima 2021) oltre che “tempo favorevole” per interrogarci, piuttosto, sulla nostra disponibilità a costruire la comunità che Lui ci chiede di edificare.   

  • I primi cristiani pregano insieme, spezzano il pane: Come possiamo anche oggi dirci “comunità” senza vivere la nostra amicizia con Gesù nella preghiera e nell’Eucaristia? 
  • Delle caratteristiche fondamentali della comunità cristiana descritte negli Atti degli Apostoli:
    • qual è per te la più importante? Perché? 
    • qual è per te la più faticosa da vivere? Perché? 
  • Quali differenze noti tra la Chiesa descritta negli Atti degli Apostoli e la Chiesa di oggi? Quale ti piace di più? Perché? 
  • Pensa alla tua parrocchia: Cosa miglioreresti? In che cosa ti potresti impegnare di più tu personalmente? 

Sac. Pasquale Zecchini 

Non abbiamo più vino

Come Pastore e guida della comunità parrocchiale di S. Girolamo, che cammina in mezzo al suo gregge, sono più che convinto del fatto che nessuno, nei giorni scorsi, si è mai arreso e rassegnato circa la possibilità che Gaetano non tornasse più a “fare comunità” e a servirla con l’amore e la dedizione di sempre.

Anche quando negli ultimi giorni le notizie sul suo stato di salute si aggravavano sempre più, nessuno ha voluto prepararsi al peggio e, come una macchina che “camminava a singhiozzo” e minacciava di fermarsi, con la nostra incessante preghiera abbiamo provato a dare una “spinta in avanti” con la speranza che riprendesse quota.

Ma questo pomeriggio la macchina si è fermata e ha trovato tutti noi, l’intera comunità parrocchiale nell’incredulità e profondo sgomento.

Lui, il testimone fedele, il servo buono e fedele, la ricarica umana e spirituale per tanti, il piccolo e grande sostenitore dei deboli e dei malati, si è spento come una delle tante candele che spesso ha spento al termine delle celebrazioni liturgiche in Parrocchia!

E come cantore della misericordia di Dio ha intonato il suo canto liturgico preferito: ECCOMI!

Eccomi è quanto spesso “ha detto” Gaetano nel contesto della vita parrocchiale (non sempre a parole)!

Eccomi ha detto nel servizio liturgico all’altare specie la domenica quando assicurava la sua preghiera e il suo servizio almeno per due delle tre Sante Messe;

Eccomi ha detto quando c’era bisogno di distribuire l’Eucarestia ai fratelli in Chiesa e nelle case agli ammalati e anziani;

Eccomi ha detto attraverso il prezioso servizio della distribuzione della Santa Comunione agli anziani e ammalati nei reparti della struttura “Villa Giovanna”;

Eccomi ha detto durante le processioni;

Eccomi ha detto durante le rappresentazioni del presepe vivente;

Eccomi ha detto quando si trattava di inneggiare al Signore e alla Vergine Santa le lodi attraverso concerti musicali;

Eccomi ha detto nei momenti ludici quando ci allietava col suo buon vino.

Carissimo Gaetano, ci mancheranno i tuoi silenziosi ma preziosi ECCOMI!

Sono certo che lascerai un vuoto nella nostra comunità parrocchiale. 

Ma anche se non ti vedremo più fisicamente, siamo certi che non sei andato via per sempre!

Anche tu hai ricevuto un trasferimento di parrocchia non richiesto da te, ma dal Parroco della grande Cattedrale del cielo che, evidentemente, aveva bisogno di te! 

E tu, come tuo solito, hai detto ancora una volta il tuo Eccomi, questa volta aggiungendo: io vengo…!!!

Arrivederci Gaetano, corri pure verso il tuo e nostro Dio, digli che su questa terra abbiamo ancora tanto bisogno di Lui!

Continua a vegliare sulla tua famiglia domestica e questa famiglia parrocchiale che hai amato e servito e aiuta anche noi a realizzare i Progetti di Dio.

  Ciao Gaetano, ti vogliamo bene!

Grazie per tutto

don Pasquale, Beppe, Giacomo 

e l’intera comunità parrocchiale di S. Girolamo

Festa di San Girolamo 2020

La festa di San Girolamo del 2020, a 1600 anni dalla morte del nostro Santo il 30 settembre 420, si è dovuta necessariamente riorganizzare in modo differente a causa della situazione pandemica in corso. Così, non si è potuta tenere la processione e la messa è stata celebrata nel campetto sportivo adiacente alla Parrocchia con il trasferimento della statua del Santo dal campo alla Chiesa rallegrato da una piccola ma festosa banda riunitasi per l’occasione.