Bari 20 aprile 1963
ECCELLENZA REV.MA, AUTORITA’ e AMICI qui convenuti.
E’ difficile per me prendere la parola. I sentimenti si affollano nel mio cuore e non so piu’ quale discernere migliore dell’altro. Gioia, ringraziamento, preoccupazione e paura, si alternano esame della mia coscienza.
Se guardo al passato, a questi primi 5 anni di lavoro in mezzo ai fedeli della mia parrocchia, ecco che l’animo si apre al ringraziamento del Signore per il cammino percorso da quel non lontano 15 giugno 1958, giorno in cui V. Ecc. Rev.ma mi concesse ore e l’onere del possesso canonico di questa parrocchia nello stabile di Via Ritelli, 7, nella chiesa garage.
Se invece guardo al cammino da percorrere, agli ostacoli da rare, ecco che preoccupazione e paura prendono il posto dei sentimenti di prima; preoccupazione di non lasciare nulla di intentato per raggiungere la meta, paura della solitudine, tante volte accompagna di lavoro in questi anni trascorsi.
Solitudine, cioe’ coscienza di essere a volte il solo a sentire il So dei gravissimi problemi che affliggono questa parrocchia di Girolamo; grandi problemi, di fronte ai quali tante volte ho mito la mia capacita’, e non parlo per umilta’, della sola incapacita’ reale; ma, lo esperimento ogni giorno, di quella fisica, di poter -are cioe’ il tempo e lo spazio mentale per ogni cosa.
La solitudine e’ il peggior nemico per chiunque voglia realizzare un’opera, ed io purtroppo, nonostante le tante mie pochezze, io chiamato dalla Provvidenza ad essere un realizzatore.
Non vi e’ ombra di presunzione in questa mia storiella della solitudine: facciamo parlare i fatti: cosa e’ stato fatto per andare incontro ai gravissimi problemi dei rioni di S. Girolamo e Fesca? Veramente poco. Non oso alzare lo sguardo da questo foglio per non sentirmi colpevole della contrarieta’ e chissa’ del disappunto, forse sorto sul volto delle illustri Autorita’ qui presenti, che vanno e certamente ripensando alla bitumazione delle nostre strade, ai vari allacciamenti idrici, alla rete telefonica, all’ufficio postale, alla delegazione comunale, ai vari plessi scolastici aggiunti all’unico originale e alle tante altre ottime cose realizzate in questi anni. Onorevoli e stimatissime Autorita’; un parroco si interessa anche di queste cose, come io faccio (lo sanno gli usci dei Vostri uffici), ma non sono questi i problemi di cui io parlo; una parrocchia, un rione ancor prima di pietre e di strade, e’ fatto di anime.
Di San Girolamo si parla sempre male; ovunque io vada: negli uffici, nei filobus, per le strade, incontrando gente sconosciuta, basta che io mi qualifichi come il parroco di S. Girolamo, per sentire le frasi che tanto mi sono venute in odio: “S. Girolamo? – Padre Vi hanno buttato li’ dietro a Voi?” “Li’ dietro c’e’ una razza! ed il nome dell’ex Cortile Speranza sembra diventato lo spauracchio della citta’ intera, simbolo di gente irredente e irredimibile.
Tutto cio’ era inevitabile, considerate le promesse e le origini di questi quartieri formati con gente raccogliticcia, qui ammassata e socialmente abbandonata a se’ stessa. 7.000 anime, ammassate, (e’ il caso di ripetere il verbo), in appena circa 800 famiglie; oltre 2000 bambini dai zero ai 10 anni, con una media di 6/7 figli per cellula familiare, rinchiusi in un massimo di tre piccoli vani. 4 laureati, 2 insegnanti elementari, 6/7 rappresentanti di commercio, 20/22 impiegati, da 30 a 40 uscieri o bidelli ecc.. E circa 700 operai in una maggioranza manovali: ecco le nostre statistiche. Permettetemi di esaminare soltanto superficialmente il problema dei bambini: 200 nati all’anno in media e circa 1000 iscritti alla scuola elementare fanno un totale di oltre 2000 bambini.
Attualmente, (lo sa benissimo l’Ill.mo Sig. Provveditore degli Studi), la popolazione scolastica delle scuole medie di Bari assomma circa 20.000 unita’. Di questa impressionante massa di alunni, un decimo, dico un decimo e piu’, potenzialmente a S. Girolamo e Fesca dunque distribuita su una superficie capace a contenere tutti insieme diversi dei piu’ grandi quartieri cittadini. S. Girolamo e Fesca dunque possono considerarsi in un certo senso il vivaio di Bari.
Ma cosa ha fatto la citta’ per l’educazione sociale del suo vivaio? Poco. Non asili sufficienti, non colonie per tutti, non scuole idonee, soprattutto nessun centro di educazione extra-scolastica, di avviamento al lavoro, di sport collettivo; di ricreazione, che tolgano questi nostri teneri germogli dalla strada, dal turpiloquio, dall’antigene, dal gioco dei soldi. 2.000 bambini! Ma sapete di cosa sono capaci 2.000 bambini? Sono capaci di mettere in fuga una potente escavatrice di 70 C.V. e sei enormi camions, come e’ avvenuto qui in questo spiazzo mercoledi’ 17 aprile a mezzogiorno; e a pietre. Sono capaci di rubare, di farsi male; e qui non passa settimana, me lo comunica l’amico Maresciallo dei Carabinieri, senza che qualcuno non prenda la strada dell’Istituto Fornelli. Io qui purtroppo sono dalla situazione costretto a fare pochissimo il parroco e tanto l’assistente sociale.
Allo stato attuale delle cose io, il parroco di questa gente, so di potere e dovere testimoniare che il nostro quartiere non e’ pieno di cattivi soggetti.
Per poche centinaia di persone dalla fedina penale macchiata per reati comuni, non e’ giusto che altre migliaia e migliaia siano accumulate ad esse nel giudizio. Ma qui la situazione peggiorera’ col trascorrere degli anni se non si sara’ posto rimedio alla cattiva educazione di questi piccoli, sospinti sulla strada, a volte dalle stesse mamme, impossibilitate a rigovernare una casa di venti metri quadrati con IO pupattoli fra i piedi.
I nostri ragazzi non frequentano la scuola d’obbligo post-elementare, perche’ non ne hanno i mezzi. Eppure gli obbligati sono oltre 500. Perche’ non si costruisce sul posto un avviamento professionale? Perche’ non qui corsi di riqualificazione? Bisogna soprattutto risolvere la questione del tempo extrascolastico. E questo, il problema dei piccoli; che dire, sempre sul piano del risanamento sociale, dei tanti altri che riguardano gli adulti? Io chiedo percio’ a voi Onorevoli Autorita’ una tavola rotonda per i quartieri di S. Girolamo e Fesca, per gettare le basi della risoluzione dei loro problemi sociali.
Ed ecco che oggi abbiamo posto la prima pietra della Chiesa parrocchiale. Perche’ mi domanderete? Perche’ una chiesa e non un’altra opera? Perche’ la chiesa (nella provvisoria la domenica a volte alla Messa del fanciullo, sono tanti che non ci stanno piu’); perche’ e’ la prima fra le opere sociali e’ l’unico luogo dove si possa riunirli tutti per dir loro una parola buona; e’ l’unica cosa la cui visione risvegliera’ quel senso religioso che al fondo di ogni animo umano e specialmente giovanile, non si spegne mai. Senso religioso che unico, visto l’attuale stato di scarsa assistenza sociale, puo’ salvarli.
Eccellenza, Autorita’, amici: e’ soprattutto per i bambini, che io indirizzo ogni mio sforzo. Io non ho soldi per fare la chiesa, ma sono certo che la chiesa si fara’, S. Girolamo ci aiutera’ – sono certo, come lo erano Don Pasquale Uva, Don Guanella e San Giovanni Bosco all’inizio delle loro opere; anche qui il binomio si ripete: un prete e la divina Provvidenza alleati per realizzare la Casa di Dio; e’ vero che questo prete non e’ santo come quelli, e allora vuol dire che la Divina Bonta’ supplira’ in maniera maggiore di quanto fece con gli altri suoi allegati.
I contributi, le offerte faranno la Chiesa. In maniera speciale vi e’ bisogno di aiuto in questi primi momenti: la particolare architettura di questo tempio infatti, pur nella giusta moderazione suggerita dalla commissione Diocesana di arte sacra, presieduta dal Rev.mo Mons. Schino e da quella edilizia comunale, diretta dallo stim.mo Ing. Assessore Pasquale Gerardi, risulta particolarmente ardita nella concezione dell’ottimo Architetto Sig.na Antonietta Navarra e quindi nella struttura calcolata dall’Ing. Gerardo Avallone con la collaborazione degli amici Ingg. Bolognisi, De Salvia e Romanazzi, e richiede che la realizzazione, che sara’ curata dal carissimo Ing. Pino Vailati che da cinque anni con passione, calore e disinteresse, per la sua competenza, lavora qui al mio fianco, la particolare architettura di questo tempio, dicevo, richiede, che la realizzazione dei pilastri, a cerniera, e della copertura siano eseguiti in un’unica gettata di cemento armato. Questo significa, mi dicono i tecnici, che e’ necessario eseguire il legname carpentierato l’intera forma della struttura, di sostenerla con una foresta di tubi dalmine; significa percio’ che occorre avere trenta milioni pronti, soltanto per l’esecuzione dello strutturato. Non possiamo quindi qui adottare il classico sistema di un pilastro per volta e di tufo sopra tufo. Io percio’ ho bisogno subito di quei trenta milioni, e penso gia’ di averli, secondo una frase del cardinale Mimmi di compianta memoria, nelle Vostre tasche.
Non ho altro da aggiungere. Ho parlato con franchezza, non rimpiango una parola di quello che ho detto, almeno quanto alla sostanza; ho parlato con la franchezza di chi sa di avere tutto da guadagnare e nulla da perdere; perche’ Vi assicuro essere la mia una poltrona che non auguro a nessuno: e’ la poltrona del parroco dei poveri, del parroco di 2000 bambini, del parroco di S. Girolamo, poltrona che sono pronto a cambiare con qualsiasi altra in qualunque momento; ma per la quale chiedo al Signore, alla B. V.M. e a S. Girolamo la grazia di farmi degno di conservarla sino all’estremo delle forze, quale anticipo di quel premio, mercede e corona che da Lui mi aspetto nel Paradiso benedetto.
Il Parroco
Sac. Don Vito Diana
Bari 20 aprile 1963
ECCELLENZA REV.MA, AUTORITA’ e AMICI qui convenuti.
E’ difficile per me prendere la parola. I sentimenti si affollano nel mio cuore e non so piu’ quale discernere migliore dell’altro. Gioia, ringraziamento, preoccupazione e paura, si alternano esame della mia coscienza.
Se guardo al passato, a questi primi 5 anni di lavoro in mezzo ai fedeli della mia parrocchia, ecco che l’animo si apre al ringraziamento del Signore per il cammino percorso da quel non lontano 15 giugno 1958, giorno in cui V. Ecc. Rev.ma mi concesse ore e l’onere del possesso canonico di questa parrocchia nello stabile di Via Ritelli, 7, nella chiesa garage.
Se invece guardo al cammino da percorrere, agli ostacoli da rare, ecco che preoccupazione e paura prendono il posto dei sentimenti di prima; preoccupazione di non lasciare nulla di intentato per raggiungere la meta, paura della solitudine, tante volte accompagna di lavoro in questi anni trascorsi.
Solitudine, cioe’ coscienza di essere a volte il solo a sentire il So dei gravissimi problemi che affliggono questa parrocchia di Girolamo; grandi problemi, di fronte ai quali tante volte ho mito la mia capacita’, e non parlo per umilta’, della sola incapacita’ reale; ma, lo esperimento ogni giorno, di quella fisica, di poter -are cioe’ il tempo e lo spazio mentale per ogni cosa.
La solitudine e’ il peggior nemico per chiunque voglia realizzare un’opera, ed io purtroppo, nonostante le tante mie pochezze, io chiamato dalla Provvidenza ad essere un realizzatore.
Non vi e’ ombra di presunzione in questa mia storiella della solitudine: facciamo parlare i fatti: cosa e’ stato fatto per andare incontro ai gravissimi problemi dei rioni di S. Girolamo e Fesca? Veramente poco. Non oso alzare lo sguardo da questo foglio per non sentirmi colpevole della contrarieta’ e chissa’ del disappunto, forse sorto sul volto delle illustri Autorita’ qui presenti, che vanno e certamente ripensando alla bitumazione delle nostre strade, ai vari allacciamenti idrici, alla rete telefonica, all’ufficio postale, alla delegazione comunale, ai vari plessi scolastici aggiunti all’unico originale e alle tante altre ottime cose realizzate in questi anni. Onorevoli e stimatissime Autorita’; un parroco si interessa anche di queste cose, come io faccio (lo sanno gli usci dei Vostri uffici), ma non sono questi i problemi di cui io parlo; una parrocchia, un rione ancor prima di pietre e di strade, e’ fatto di anime.
Di San Girolamo si parla sempre male; ovunque io vada: negli uffici, nei filobus, per le strade, incontrando gente sconosciuta, basta che io mi qualifichi come il parroco di S. Girolamo, per sentire le frasi che tanto mi sono venute in odio: “S. Girolamo? – Padre Vi hanno buttato li’ dietro a Voi?” “Li’ dietro c’e’ una razza! ed il nome dell’ex Cortile Speranza sembra diventato lo spauracchio della citta’ intera, simbolo di gente irredente e irredimibile.
Tutto cio’ era inevitabile, considerate le promesse e le origini di questi quartieri formati con gente raccogliticcia, qui ammassata e socialmente abbandonata a se’ stessa. 7.000 anime, ammassate, (e’ il caso di ripetere il verbo), in appena circa 800 famiglie; oltre 2000 bambini dai zero ai 10 anni, con una media di 6/7 figli per cellula familiare, rinchiusi in un massimo di tre piccoli vani. 4 laureati, 2 insegnanti elementari, 6/7 rappresentanti di commercio, 20/22 impiegati, da 30 a 40 uscieri o bidelli ecc.. E circa 700 operai in una maggioranza manovali: ecco le nostre statistiche. Permettetemi di esaminare soltanto superficialmente il problema dei bambini: 200 nati all’anno in media e circa 1000 iscritti alla scuola elementare fanno un totale di oltre 2000 bambini.
Attualmente, (lo sa benissimo l’Ill.mo Sig. Provveditore degli Studi), la popolazione scolastica delle scuole medie di Bari assomma circa 20.000 unita’. Di questa impressionante massa di alunni, un decimo, dico un decimo e piu’, potenzialmente a S. Girolamo e Fesca dunque distribuita su una superficie capace a contenere tutti insieme diversi dei piu’ grandi quartieri cittadini. S. Girolamo e Fesca dunque possono considerarsi in un certo senso il vivaio di Bari.
Ma cosa ha fatto la citta’ per l’educazione sociale del suo vivaio? Poco. Non asili sufficienti, non colonie per tutti, non scuole idonee, soprattutto nessun centro di educazione extra-scolastica, di avviamento al lavoro, di sport collettivo; di ricreazione, che tolgano questi nostri teneri germogli dalla strada, dal turpiloquio, dall’antigene, dal gioco dei soldi. 2.000 bambini! Ma sapete di cosa sono capaci 2.000 bambini? Sono capaci di mettere in fuga una potente escavatrice di 70 C.V. e sei enormi camions, come e’ avvenuto qui in questo spiazzo mercoledi’ 17 aprile a mezzogiorno; e a pietre. Sono capaci di rubare, di farsi male; e qui non passa settimana, me lo comunica l’amico Maresciallo dei Carabinieri, senza che qualcuno non prenda la strada dell’Istituto Fornelli. Io qui purtroppo sono dalla situazione costretto a fare pochissimo il parroco e tanto l’assistente sociale.
Allo stato attuale delle cose io, il parroco di questa gente, so di potere e dovere testimoniare che il nostro quartiere non e’ pieno di cattivi soggetti.
Per poche centinaia di persone dalla fedina penale macchiata per reati comuni, non e’ giusto che altre migliaia e migliaia siano accumulate ad esse nel giudizio. Ma qui la situazione peggiorera’ col trascorrere degli anni se non si sara’ posto rimedio alla cattiva educazione di questi piccoli, sospinti sulla strada, a volte dalle stesse mamme, impossibilitate a rigovernare una casa di venti metri quadrati con IO pupattoli fra i piedi.
I nostri ragazzi non frequentano la scuola d’obbligo post-elementare, perche’ non ne hanno i mezzi. Eppure gli obbligati sono oltre 500. Perche’ non si costruisce sul posto un avviamento professionale? Perche’ non qui corsi di riqualificazione? Bisogna soprattutto risolvere la questione del tempo extrascolastico. E questo, il problema dei piccoli; che dire, sempre sul piano del risanamento sociale, dei tanti altri che riguardano gli adulti? Io chiedo percio’ a voi Onorevoli Autorita’ una tavola rotonda per i quartieri di S. Girolamo e Fesca, per gettare le basi della risoluzione dei loro problemi sociali.
Ed ecco che oggi abbiamo posto la prima pietra della Chiesa parrocchiale. Perche’ mi domanderete? Perche’ una chiesa e non un’altra opera? Perche’ la chiesa (nella provvisoria la domenica a volte alla Messa del fanciullo, sono tanti che non ci stanno piu’); perche’ e’ la prima fra le opere sociali e’ l’unico luogo dove si possa riunirli tutti per dir loro una parola buona; e’ l’unica cosa la cui visione risvegliera’ quel senso religioso che al fondo di ogni animo umano e specialmente giovanile, non si spegne mai. Senso religioso che unico, visto l’attuale stato di scarsa assistenza sociale, puo’ salvarli.
Eccellenza, Autorita’, amici: e’ soprattutto per i bambini, che io indirizzo ogni mio sforzo. Io non ho soldi per fare la chiesa, ma sono certo che la chiesa si fara’, S. Girolamo ci aiutera’ – sono certo, come lo erano Don Pasquale Uva, Don Guanella e San Giovanni Bosco all’inizio delle loro opere; anche qui il binomio si ripete: un prete e la divina Provvidenza alleati per realizzare la Casa di Dio; e’ vero che questo prete non e’ santo come quelli, e allora vuol dire che la Divina Bonta’ supplira’ in maniera maggiore di quanto fece con gli altri suoi allegati.
I contributi, le offerte faranno la Chiesa. In maniera speciale vi e’ bisogno di aiuto in questi primi momenti: la particolare architettura di questo tempio infatti, pur nella giusta moderazione suggerita dalla commissione Diocesana di arte sacra, presieduta dal Rev.mo Mons. Schino e da quella edilizia comunale, diretta dallo stim.mo Ing. Assessore Pasquale Gerardi, risulta particolarmente ardita nella concezione dell’ottimo Architetto Sig.na Antonietta Navarra e quindi nella struttura calcolata dall’Ing. Gerardo Avallone con la collaborazione degli amici Ingg. Bolognisi, De Salvia e Romanazzi, e richiede che la realizzazione, che sara’ curata dal carissimo Ing. Pino Vailati che da cinque anni con passione, calore e disinteresse, per la sua competenza, lavora qui al mio fianco, la particolare architettura di questo tempio, dicevo, richiede, che la realizzazione dei pilastri, a cerniera, e della copertura siano eseguiti in un’unica gettata di cemento armato. Questo significa, mi dicono i tecnici, che e’ necessario eseguire il legname carpentierato l’intera forma della struttura, di sostenerla con una foresta di tubi dalmine; significa percio’ che occorre avere trenta milioni pronti, soltanto per l’esecuzione dello strutturato. Non possiamo quindi qui adottare il classico sistema di un pilastro per volta e di tufo sopra tufo. Io percio’ ho bisogno subito di quei trenta milioni, e penso gia’ di averli, secondo una frase del cardinale Mimmi di compianta memoria, nelle Vostre tasche.
Non ho altro da aggiungere. Ho parlato con franchezza, non rimpiango una parola di quello che ho detto, almeno quanto alla sostanza; ho parlato con la franchezza di chi sa di avere tutto da guadagnare e nulla da perdere; perche’ Vi assicuro essere la mia una poltrona che non auguro a nessuno: e’ la poltrona del parroco dei poveri, del parroco di 2000 bambini, del parroco di S. Girolamo, poltrona che sono pronto a cambiare con qualsiasi altra in qualunque momento; ma per la quale chiedo al Signore, alla B. V.M. e a S. Girolamo la grazia di farmi degno di conservarla sino all’estremo delle forze, quale anticipo di quel premio, mercede e corona che da Lui mi aspetto nel Paradiso benedetto.
Il Parroco
Sac. Don Vito Diana